Halloween, una festa satanica?
Halloween una festa satanica? Ci risiamo, e la rete impazza. Possibile che senza un nemico da combattere, senza una guerra da dichiarare, la verità in cui si crede si svilisce e si rischia di non trovare proseliti? Ci saranno anche degli scalmanati che non trovano meglio da fare che oppiarsi la vita, sballarsi una volta in più anche alla festa di Ognissanti, scegliendo il genere horror come brodo di cultura.
Ci sarà anche chi crede di poter trasformare in un sabba un giorno dell’anno e pensare di essere ancora sano di mente, ma chiamare in causa il principe delle tenebre, che se esiste si preoccuperebbe di ben altro e di sicuro darebbe meno nell’occhio che vestendo abiti riconducibili al suo “guardaroba”, è offensivo per l’intelligenza di chi crede e di chi, non credendo, ha rispetto di una fede seria, autentica, che non si improvvisa di volta in volta passando paura a forza di patacche.
Ancora non abbiamo imparato la lezione che prima o poi l’ignoranza, passata come pratica religiosa, oltre a generare mostri viene presto smascherata. Un tempo era considerato demoniaco mangiare cioccolata, ballare il tango, censurato da bolla papale come peccato mortale, mangiare carne di maiale costringeva all’inferno, e chi era figlio di macellaio non poteva accedere al ministero sacerdotale dato che il padre si era “macchiato di sangue”. Le donne in mestruo non potevano entrare in chiesa, e i medici che praticavano l’autopsia per la ricerca scientifica venivano scomunicati.
Meglio non continuare su questo triste elenco, non basterebbe una pagina del giornale, ma il fatto costante che si ripete è il peccato originale di chi, non avendo capacità di passare argomenti validi e credibili, cerca di tenere buona la platea plaudente a forza di terrore, lo stesso terrore che dovrebbe riempire chiese e consentire a chi le regge sulla paura di organizzare il consenso. Il peccato, il diavolo e la colpa diventano l’arma da sfoderare ogni qual volta la nostra incapacità di convincere l’uomo circa l’amore liberante di Dio non riesce a portare i frutti desiderati.
E il senso di colpa che genera mostruosità è il luogo pseudo spirituale dove meglio sembra facilitato un annuncio che a mio modo di vedere, al di là delle buone intenzioni, semmai esistono, non genera comunque la liberazione voluta da Cristo. “Dio ti vede!”, sulla colpa e la paura abbiamo costruito montagne di psicotici religiosi che dicono di credere più per evitare l’inferno che per godere del paradiso. Molti uomini schiacciati da questo peso, quando si accorgono dell’inganno o fuggono, decidendo di vivere malgrado la colpa, o si rassegnano e si lasciano convincere nonostante la colpa.
Non bisogna dimenticare che il terrorismo spirituale non ha mai pagato, è riuscito solo temporaneamente a irreggimentare uomini che si dichiaravano credenti perché impauriti e sfiduciati. Agitare le fiamme dell’inferno non servirà a restituire la libertà all’uomo: solo la gioia, la sana allegria, sperimentata grazie all’amore che vivo, mi potrà convincere che esiste un Dio liberante, che vale la pena affidarmi a Lui. E questo permetterà anche di rischiare, tentare di fare meglio, sapendo che forse possiamo sbagliare, ma che proprio l’amore che muove il nostro essere diventa giudice della nostra vita.
La paura paralizza, il senso di colpa pietrifica, l’amore rende coraggiosi, dà sicurezza ai nostri passi malgrado le nostre fragilità. Il senso di colpa ricorda continuamente ciò che è peccato, quello che devi fare e quello che non puoi fare, l’amore invece mostra nella libertà quello che può essere contro o a favore, ma più che dire cosa non si debba fare, sprona a quello che bisogna essere. Per troppo tempo preoccupati di dire agli uomini che non dovevano fare il male, abbiamo dimenticato di ricordare che per essere felici bisogna fare il bene e abbandonarsi alla logica dell’amore, con la consapevolezza che malgrado i nostri limiti, possiamo fiduciosamente contare su un Dio che vuole che nessuno si perda, anche se non la pensa come noi, se vive diversamente dai nostri principi e vuole che Halloween altro non sia che una sera di baldorie.
Ricordo che da bambino con i miei compagni per la ricorrenza dei morti compravamo dei salvadanai a forma di bare. Giravamo per strada agitandoli tra la gente che alla nostra richiesta “Signurì e muort”, rispondevano con qualche spicciolo. La sera, il ricavato, per comprare torrone. Era la nostra Halloween come per tanti bambini di oggi in cerca di scherzetti e di dolcetti, bambini mascherati da mostri per riderci un po’ sopra insieme a maestri e genitori e per imparare forse a convivere con la paura dell’ignoto, senza l’alibi di attribuire a Satana la responsabilità dei nostri fallimenti.
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