Buon viaggio, Gianmaria Testa
Un’ intera esistenza trascorsa tra le campagne, le stazioni ferroviarie e la musica. Oggi una fetta di mondo si sente più sola. Un altro gigante del panorama musicale e culturale ci ha lasciato. Eclettico e sensibile, l’artista ha sempre messo a nudo la sua sfera emozionale ed umana, raccontando la sua infanzia, i suoi rapporti affettivi e regalandoci una visione arguta su delicate tematiche che attanagliano la società di oggi. La sua velata malinconia fa trasparire sempre una concreta speranza nell’avvenire, nell’umanità e nella vita. La stessa vita che l’ha tradito nel suo male più vile e corrosivo: il cancro.
Nell’archivio più prezioso e nascosto la redazione di i-Italy conserva alcuni frammenti di una delle sue ultime interviste video realizzate a New York. Ci sono tante parole che restano in appunti, lasciate da parte, mai utilizzate quando si lavora tra video, carta e rete.
Queste sono alcune domande e risposte di Gianmaria Testa in un'intervista andata in video realizzata da Letizia Airos. Miricordo che la sbobbinai io ed era così intensa da rendere bellissmo anche quello che spesso è un lavoro noioso di redazione. Non mi stancavo di ascoltare le sue parole sull'immigrazione, sul capitalismo e sul mercato discografico.
Buon viaggio Gianmaria Testa. Capostazione dalla cultura sconfinata e dalla musica intensa. Questa sera lascerò decantare ancora una volta le sue canzoni. Chissà quante persone, come me - dopo averlo conosciuto, si sono appropriate delle sue storie rendendole proprie, come si fa con un libro, facendole diventare un linguaggio comune, condiviso e condivisibile.
Raccontami la storia della tua vita, chi è Gianmaria Testa?
Sono nato nel ’58, in una campagna povera in provincia di Cuneo da una famiglia di agricoltori. Preso il diploma, sono andato via di casa ed ho incominciato a studiare per alcuni concorsi, vincendo quello di capostazione. In ferrovia ho trovato un ambiente che mi corrispondeva. I colleghi trasmettevano ancora la fierezza di recarsi al posto di lavoro ed io non ricordo di essere mai andato a lavorare senza la voglia di andarci. Tutto è cambiato da quando ci obbligarono a definire i viaggiatori clienti, da quel momento il trasporto pubblico è diventato un business, gestito male ma pur sempre un business.
Cosa rappresenta New York per te?
Non è la prima vola che vengo a New York e l’impressione che mi ha sempre dato è che una convivenza occidentale è possibile. La prima volta che sono arrivato avevo infiniti pregiudizi da italiano di sinistra, ma mi è bastato poco per rimanere impressionato dalla sua bellezza. Generalmente associamo la bellezza all’arte o alla natura, invece questa città con il suo Skyline, fatto senza alcun intento artistico ma soltanto affastellando dei luoghi dove l’uomo vive, a me sembra sorprendentemente incantevole. Quando arrivo a New York ho la sensazione che ci sia qualcosa di molto radicato che non sarò certo io a scardinare, potrò solo, se voglio, integrarmi e condividere le mie radici con quelle degli altri. Le basi qui sono così solide che qualsiasi cosa arrivi a New York, diventa New York.
Il panorama musicale giovanile è molto cambiato, come mai secondo te, è a causa di internet, delle case discografiche o del fatto che tutti ormai possono fare musica?
Purtroppo è un fenomeno che non colpisce solo l’Italia. Uno dei problemi di qualunque forma di creatività è il mercato, soprattutto quando questa creatività incontra tristemente la sua monetizzazione. Tale aspetto esiste ed è inevitabile, l’unica cosa che possiamo fare è avere un rapporto eticamente alto con la quantificazione del denaro. Io continuo a scrivere, se ciò avrà un riscontro bene, in caso contrario non mi piegherò a quello che il mercato chiede. C’è una quantità di belle idee che restano chiuse nei cassetti perchè nessuno rischia più nulla per tirarle fuori.
Hai lavorato con Erri de Luca, mi racconti il vostro rapporto?
Abbiamo organizzato lo spettacolo nel quale Erri stesso leggeva stralci dei suoi racconti. Sono stato a casa sua e mi ha letto il suo brano intitolato “Don Chisciotte e gli invincibili” che parte da un’idea meravigliosa del poeta Nazim Hikmet. Gli invincibili non sono coloro che vincono, quelli sono i vincenti ed in America ce ne sono tanti. Sono quelli che, come il don Chisciotte, una volta sconfitti si rialzano in piedi. Erri ha individuato una serie di categorie d’invincibili, una di questi sono gli immigrati, poichè non c’è niente di più invincibile della loro disperazione. Da quel momento è nata tra noi un’amicizia fraterna.
Mi daresti una definizione di te stesso come artista?
Io non scomoderei nè la musica nè l’arte, ma non per falsa modestia. Per quanto concerne l’arte, penso che sia una parola quanto mai abusata. Gli artisti sono quelle persone senza la cui presenza non si potrebbe capire una parte del mondo. Gli altri come me sono dei raccontatori che non modificano nulla. Se togli le mie canzoni dal panorama della musica non succede niente, se elimini Mozart tutto ciò che seguirà sarà diverso. Quelli come me usano una forma diversa dalla parola pura e semplice per raccontare ed a volte questo racconto che riguarda te coincide con le vite degli altri che si appropriano della tua storia.
Buon viaggio Gianmaria Testa. Questa sera lascerò decantare ancora una volta le tue canzoni nell'alcova della mia stanza. Chissà quante persone, come me,si sono appropriate delle tue storie rendendole proprie, come si fa con un libro, facendole diventare un linguaggio comune, condiviso e condivisibile.
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