Flusso di coscienza di una giovane elettrice in campagna elettorale
Gli effetti innovativi della non più nuova legge elettorale sono pienamente evidenti in questo periodo di campagna elettorale. Basta fare un giro giù in strada - certo noi campani prestando un po’ d’attenzione a non sprofondare in pozzanghere che somigliano sempre più a tanti piccoli “laghetti Patria” e scalando le nuove catene di Appennini di spazzatura - per accorgersi che la campagna elettorale non è più quella di una volta. Non che prima non esistessero pozzanghere e spazzatura in strada anche nei giorni precedenti alle elezioni. Fortunatamente queste tradizioni non sono mai andate perdute. Però ricordo che c’era anche chi si ostinava (ma solo in quei periodi) a voler apportare dei cambiamenti alla viabilità poiché una strada senza pozzanghere – si soleva proferire - poteva essere migliore di una con pozzanghere in cui tutte le sere la luna e le stelle vi si specchiano dentro. Certo, avremmo perso l’effetto astro-artistico, ma forse si sarebbe evitato l’ennesimo incidente automobilistico. E dunque – personalmente non convinta dall’analisi costi-benefici - si gettava un po’ di brecciolina innaffiandola con una manciata d’asfalto di avanzo di cantiere (che poi dopo un mese scivolava magicamente via) e i netturbini passavano la cera con le scope di canna gettando la crème de la crème nei tombini creando una deliziosa fragranza “nuits d’Orient” in periodo estivo e un effetto Canal Grande veneziano in autunno.
In fondo il pragmatismo della campagna elettorale è effimero. La mia travolgente passione per le campagne elettorali, italiane e straniere, si sofferma su altri aspetti ben più duraturi: gli aspetti “teorico-artistici”. D’altra parte il pragmatismo pre-elettorale va sempre più scemando. Abbiamo finalmente capito che l’esser sedotti dalle parole invece che dalle azioni comporta un minor dispendio di risorse pubbliche, o meglio ancora, un minor dispendio di energie intellettuali. E poi perché mai non dovremmo attingere dalle risorse pubbliche? In questo caso le due scuole di pensiero in materia si sintetizzano così: 1) “la cosa pubblica è di tutti tranne che mia?” 2) “il pubblico non è di nessuno e proprio per questo è mio”. Insomma, in entrambi i casi abbiamo diritto a procedere.
Parlando di aspetti teorico-artistici, mi si lasci esprimere il rimpianto per il “manifesto a muro”, altrimenti detto “poster”. I manifesti, quegli splendidi prodotti della sintesi della mente umana che una volta mostravano la bella faccia degli eroi della nazione e che oggi sono in via di estinzione! Non che non ve ne siano più, anzi! Oggi ce ne sono in giro tantissimi, ma sono così diversi dai prototipi!
Brevemente posso ricordare che i primi manifesti elettorali erano molto educati e sintetici. “Vota Antonio La Trippa”: queste erano le fugaci parole riportate sulla cellulosa. A volte poteva comparire la foto del signor La Trippa, altre no. Insomma vota Antonio La Trippa e basta. Senza troppi giri di parole. Però se volevi ascoltare le ragioni del signor La Trippa potevi sempre recarti al comizio e il signor la Trippa avrebbe trovato il tempo per ascoltarti, o almeno per farti parlare. Perché La Trippa conduce una battaglia all’interno del suo partito. Infatti anche se l’elettore Pinco Pallino ha già deciso che voterà per il partito del signor La Trippa, deve ancora capire chi, tra i tanti La Trippa del partito, è più o meno trippa a seconda delle sue personali necessità.
Poi si passò a un “Vota Antonio La Trippa perché è una brava persona e gli altri sono papponi”. E già qui il manifesto elettorale si complicò e la voglia di organizzare comizi cominciò a venir meno. In pochi centimetri quadrati bisognava rappresentare svariati concetti rendendoli semplici. In più il signor la Trippa doveva essere più bello dell’altro signor La Trippa, perché Pinco Pallino un po’ per carattere e un po’ per effetto dell’evoluzione mediatica, aveva capito che in politica è più importante il portamento che una proposta elettorale (anche perché aveva realizzato che la proposta elettorale è più vana della bellezza). E dunque, voilà, il signor La Trippa si abbigliava con il vestito della domenica, sguardo altero ma non totalmente severo.
Insomma, in sessant’anni di Repubblica si sono succeduti tanti signor La Trippa che hanno apportato una miriade di cambiamenti teoretici all’arte dell’apposizione della parola e del volto ritoccato su cellulosa. Ma la vera novità a partire dal 2006 è che oggi non abbiamo nemmeno più bisogno di stampare sulla cellulosa il volto delle nuove trippe. Quindi, dal momento che la parte artistico-fisiognomica è ormai obsoleta, si può liberamente lavorare su concetti come “Rialzati Italia” e “Si può fare”. Lavorare con le parole è molto più semplice che lavorare col cerone.
Gli art director sguazzano in un mare di felicità perché non devono più stuccare graficamente delle rughe decadenti e i copywriter possono ora assemblare non più solo cinque parole, ma ben dieci. Una volta tanto la legge elettorale è andata incontro alle esigenze artistiche della campagna elettorale.
In strada quindi non si trovano quasi più quei bei cartelloni dall’estensione planimetrica di un bilocale che raffigurano Le Trippe di turno in tutta la loro maestosità. Forse si saranno anche resi conto di non possedere cotanta bella presenza e che proprio non si può più sopportare una faccia (pur di carta) che da fuori guarda direttamente nella tua cucina. Ora c’è una matita che mi dice dove apporre la “X”, oppure ritroviamo il ritratto del volto di una persona estasiata, in tale condizione trascendentale perché ha deciso di votare per la trippa che suggerisce il manifesto.
Una personale e breve riflessione sulla legge elettorale. Giudico le critiche che si sono susseguite in questi mesi a dir poco incomplete, irrealistiche. E questo perché non è mai stata condotta una vera analisi sui benefici che essa ha prodotto. La legge è molto più pratica rispetto alle precedenti, in quanto riduce l’apporto calorico necessario per espletare il nostro dovere democratico elettorale. Anche se lo sforzo fisico è costante negli anni, ed anche se in questa legislatura bisognerà recarsi ancora una volta fisicamente al seggio, l’attività cerebrale (e quindi le conseguenti reazioni chimico-fisiche che si producono nell’atto dell’espressione della preferenza) è ridotta drasticamente in quanto non è necessario conoscere tutte le lettere dell’alfabeto per comporre un nome, ma basta conoscerne solo una, e volendo la si può sempre abbozzare. I vantaggi sono anche maggiori se si pensa alle energie risparmiate nei mesi precedenti alla campagna elettorale, quando i dignitari di partito creano la formazione elettorale d’attacco senza che noi si debba partecipare all’evento, lasciandoci comodamente nelle nostre case (chi ce l’ha, ovvio) e dando più tempo ai precari per trovare un nuovo lavoro.
Si può fare di più: possiamo sempre sperare che nella prossima legislatura si possa votare via sms. Ovviamente l’sms non avrà costi e riceveremo un messaggio di conferma di “preferenza ricevuta”. Il partito vincitore distribuirà un premio di bonus ricarica a tutti i suoi elettori.
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