Articles by: Dom Serafini

  • La Tv americana mette a nudo i vizi degli italiani

     di Dom Serafini. Prima ancora di Nine, il film americano che descrive il lato “creativo” dell’Italia, c’era  Saturday Night Live, un noto programma satirico della rete Tv Americana Nbc che va in onda in tarda serata di sabato, ed include la parodia di un talk show della Tv Italiana.

    Ultimamente é arrivato Jersey Shore, una serie stile reality sulla rete Mtv che segue le  cafonerie di 4 “guido” e 4 “guidette” di origini italo-americane.  Per “guido” si intendono i cafoni maschi, per “guidette”, le femmine.

     Il termine “guido” indica un coatto, ed é stato popolarizzato nel 1978 da Saturday Night Live, dal personaggio di padre Guido Sarducci, un sacerdote incallito fumatore, pieno di medaglie al collo.
     

    Mentre  per Jersey Shore Mtv é andata sulla costa del New Jersey per spiare lo stile di vita di alcuni italo-americani, per la parodia di Saturday Night Live la Nbc é andata in Italia.

    Alla base della parodia ci sono quasi tutti i vizi degli italiani: dipendenza dal fumo, indulgenza verso i figli disubbidienti, disorganizzazione, casualitá con il sesso, gli eccessi alimentari, poca familiaritá con le lingue straniere ed ossessione per la moda.
     

    Il Corriere della Sera ha fatto notare comunque che Jersey Shore riguarda esclusivamente gli italo-americani, un gruppo culturalmente diverso dagli italiani in madrepatria.
     

    Lo sketch di 5 minuti di Saturday Night Live apre con la scritta RAI ed una voce che annuncia in un italiano poco comprensibile: “State guardando Rai 2. Ragazzi e ragazze é tempo per  ‘La rivista della televisione’ con mio Vinny Vedecci”.
     

    Saturday Night Live o semplicemente Snl, va in onda sulla Nbc dal 1975 ed ha lanciato attori come John Belushi, Chevy Chase, Eddie Murphy ed ultimamente Tina Fey (famosa anche per le parodie su Sarah Palin). Il programma di 90 minuti viene trasmesso in diretta ogni sabato dallo studio 8H della Nbc di New York City (lo stesso studio che usava Arturo Toscanini) a partire dalle 23:30, davanti ad un pubblico che é presente anche per le prove che iniziano alle 20:00.
     

    Il conduttore del segmento “La rivista della Televisione” é il comico 32enne Bill Hader, vestito in modo impeccabile, con davanti a sé un portacenere pieno di mozziconi di sigarette ancora fumanti ed una sigaretta sempre accesa in bocca, col fumo che investe l’ospite. Spesso offre una sigaretta anche al figlio teenager, piuttosto grasso e viziato, che arriva in scena bevendo una bottiglia di vino rosso.
     

    Come ospiti, il “conduttore” Vinny ha personaggi molto famosi come ad esempio Drew Barrymore e John Malkovich.

    Il formato del segmento resta invariato: mentre l’ospite si scusa per non sapere l’italiano, il conduttore si arrabbia con il produttore (seduto a tavola davanti ad un piatto di spaghetti) perché non l’aveva avvisato. Poi prosegue con riferimenti sessuali, offende l’ospite per aver fatto piangere il suo “bambino” e dá la colpa al produttore per le domande sbagliate.
     

    Alcuni segmenti di “La rivista della televisione” si possono vedere su Internet al link sopra

    mentre una dettagliata descrizione dello sketch la si puó leggere su:

    http://en.wikipedia.org/wiki/La_Revista_Di_La_Television_Con_Vinny_Vedecci
     

    Infine, il copione di un segmento lo si trova online a:

    http://snltranscripts.jt.org/09/09cvinny.phtml

  • L’Abruzzo, i politici e la Film Commission fantasma


    Dopo un devastante terremoto ed il G8, in varie parti del mondo ci si continua ancora a domandare “ma dov’é l’Abruzzo?” La risposta standard, naturalmente, continua ad essere: “dall’altra parte di Roma”.


    Ma cosa bisogna fare affinché l’Abruzzo prenda il suo posto doveroso a fianco di altre famose regioni? Dopotutto ha tutto ció che un turista possa desiderare: mare, colline, montagne, cittá d’arte, facilitá di trasporto, centralitá geografica, servizi, gastronomia, moda…

    Sfortunatamente, quello che manca é la buona volontá ed abilitá politica di fare dell’Abruzzo una regione di primaria importanza per il turismo.


    Fino ad ora, i vari assessorati al turismo che si sono succeduti a livello regionale hanno fatto quello che volevano, ma non ció che potevano. Sono arrivati a New York con brochure e Dvd (non adatti allo standard Tv Usa); sono andati a Boston e persino a Los Angeles (creando pure dei dissapori) a salutare la comunitá abruzzese.

    Quello che si poteva fare (ma non c’é mai stata volontá politica) é di formare un’organizzazione atta a promuovere la Regione presso le case di produzione cinematografiche e televisive di tutto il mondo, la cosiddetta “Film Commission”.


    Per la veritá una Film Commission in Abruzzo esiste. Anzi, sulla carta ne esistono addirittura tre: L’Aquila Film Commission, l’Abruzzo Film Commission e l’Adriatica Film Commission.

    Il problema é che queste non si vedono e non si sentono. Basta partecipare a qualsiasi fiera e conferenza dell’audivisivo sia in Italia che all’estero per incontrare Film Commission di molte regioni italiane, ma mai dell’Abruzzo. Il responsabile a Roma dei fondi europei Media, Giuseppe Massaro, ha detto che si sarebbe “informato sull’esistenza della film commission abruzzese”.


    Purtroppo, l’importanza di una vera, funzionale ed efficace film commission abruzzese non é apprezzata dai politici. Eppure la presenza dell’Abruzzo in un solo film o programma Tv di successo sarebbe l’equivalente di un milione di euro risparmiati per la promozione della Regione. Non solo. Portare in Abruzzo la produzione audiovisiva nazionale ed internazionale vuol dire dare lavoro a tecnici, ristoranti, alberghi, artigiani, e porta ricchezza.  Invece si preferisce spendere soldi per i soliti video promozionali che nessuno vede perché non vengono trasmessi da nessuna parte.


    Gli appelli non sono mancati. Recentemente l’editore teramano di Cinema e Video, Paolo Di Maira ha cercato di presentare un progetto professionale all’assessore regionale, Mauro Di Dalmazio, senza essere ricevuto. Ultimamente ci ha provato anche questo giornalista, originario di Giulianova, con gli stessi risultati. Di Maira, che scrive spesso di film commission, aveva persino ingaggiato un esperto piemontese. Da parte mia avevo suggerito un CdA di abruzzesi che operano ad Hollywood ed in altre capitali mondiali del cinema e Tv per impostare una linea operativa.


    Il CdA sarebbe stato composto da produttori e registi americani, esperti di turismo internazionale, rappresentanti del Cram ed editori di riviste specializzate, come la mia VideoAge. Inoltre, sia Cinema e Video che VideoAge partecipano a tutte le principali fiere e festival audivisivi del mondo, pertanto avrebbero potuto facilitare il compito della film commission e far risparmiare. Sfortunatamente, la promozione  dell’Abruzzo non é stata mai tra le prioritá concrete dei politici della Regione.


  • Rocco Rossi per un Canada che torna a fare notizia

    Recentemente la stampa italiana ha ritirato i suoi corrispondenti dal Canada, perché il paese “non fa piú notizia”. Ed ecco allora la sfida di Rocco Rossi, un imponente canadese di origini pugliesi che si é candidato a sindaco di Toronto, la principale cittá del Canada. Spetta a questo giornalista italiano di New York presentarlo alla stampa in Italia con la speranza che il suo nome riporti il Canada a fare notizia nel Bel Paese e, come bonus, rimbalzi in Canada.

    Il 47-enne Rocco é un centrista esperto di politica, essendosi appena

    dimesso dalla carica di direttore nazionale del Partito Liberale (centro-sinistra), ma non é molto conosciuto al di fuori della stretta cerchia dei politici. L'annuncio della sua candidatura é stato ricevuto con entusiamo dalla stampa locale, ma non ha ancora generato un “blip” sugli schermi dei computer dei media stranieri.

    Toronto ha un elettorato etnico che é misto tra italiani, portoghesi e cinesi, ma ha anche due influenti comunitá: quella ebraica e quella gay. Per spuntarla contro gli altri cinque agguerriti contendenti, deve prima di tutto conquistarsi la fiducia degli italo-canadesi, cosa che non dovrebbe essere difficile visto che parla anche italiano. L'attuale sindaco non si ricandiderá vista la sua scarsissima approvazione tra l'elettorato.

    A favore di Rocco, com'é stato fatto presente in vari articoli, va la sua altezza (oltre due metri), la sua abilitá oratoria, le due prestigiose universitá nelle quali si é laureato (la McGill in Canada e Princeton negli Usa) con delle borse di studio, la sua abilitá nel dirigere campagne elettorali (compresa una per un candidato a sindaco nel 2003) e, non per ultimo, le sue umili origini come figlio di immigrati che, in puro stile nord-americano, lui stesso non manca mai di sottolineare.

    Rocco ha anche esperienza con i media, essendo stato un dirigente del quotidiano Toronto Star, prima di dedicarsi alla politica.

    Poi come ha scritto il quotidiano National Post: “Mayor [sindaco] Rocco Rossi, suona bene”.

  • La Statua della Libertá é veramente italiana


     Finalmente saranno contente le associazioni italo-americane che hanno fatto di tutto per associare la Statua della Libertá di New York City (ce n’é una anche a Parigi) con qualcosa di italiano. Ora, grazie ad una scoperta de Il Corriere della Sera, gli italo-americani possono affermare con orgoglio che la famosa statua é veramente di origini italiane.


    In passato si é cercato di collegare l'artista francese Auguste Bartholdi all'Italia per via delle sue presunte origini. Poi si é detto che ad ispirare il volto di “Lady Liberty” fosse Charlotte, la madre - forse italiana - di Bartholdi. Insomma i nostri italo-americani c'é l'hanno messa tutta, ma la Statua é sempre rimasta famosa come un'opera d'arte donata dai francesi agli Stati Uniti nel lontano 1866. Inoltre, la storia vuole che Bartholdi fosse di origini tedesche, anche se sembra fosse stato aiutante di campo di Giuseppe Garibaldi.


    Poi, come un fulmine a ciel sereno, lunedí 28 settembre, nell'inserto di Milano de Il Corriere della Sera il giornalista Armando Torno (un esperto di queste cose) scrive che la copia originale della Statua della Libertá potrebbe essere quella esposta sulla facciata principale del Duomo di Milano, intitolata “La Legge Nuova” e creata nel 1810 (quindi oltre 24 anni prima che Bartholdi nascesse)  dallo scultore romano Camillo Pacetti (1758-1826). Il giornalista de Il Corriere fa notare che in quel periodo a Milano c'era Napoleone e come Pacetti abbia anche eseguito busti di Napoleone.


    Incuriositi dalla scoperta, dopo aver parlato con l’autore dell’articolo, ci siamo recati al Duomo a scattare la foto in basso; la figura trova sul balcone principale “Mariae Nascienti” ed infatti la somiglianza con la Statua della Libertá é straordinaria.








  • Op-Eds

    Capitalism Without Capitals


    We certainly live in confusing times. Years ago there was a clear demarcation between capitalism and communism. Today, this difference is getting blurred. Communist China has emerged as a country with the most florid capitalistic system. On the other hand, capitalistic countries, like the U.S., now depend on a socialistic form of government bailouts, and others, like Italy, have capitalism without capitals.


    Recently, The New York Times seemed really surprised to find out that unregulated capitalism is selfish (“Give Him Liberty, but Not a Bailout,” NYT, 08/02). We know that Communism is good in theory, but it doesn’t work. We also know that capitalism, without rules and regulations, is not only selfish, but self-destructive. A true capitalist would indeed sell the rope with which he’s to be hanged.


    Do we really believe that bankers, financiers and speculators have the common good in  mind? Do we really expect oil companies to worry about a nation’s well being? Can we imagine currency traders being concerned about a country’s balance of payments? Of course not! They all follow Ayn Rand’s philosophy of celebrating the virtue of selfishness at the expense of the masses (after all, fortunes amassed have to come from somewhere!). Plus, with multinationals roaming freely, the well being of a nation cannot be considered even if one wanted to, since multinationals are not bound to any particular country and their only allegiance is to profits.


    The U.S. has the good fortune of having strong liability laws, which compensate for the lack of government leadership. Thus, car manufactures tend to make safer automobiles only for fear of lawsuits. Similarly, oil companies avoid spills (when they cannot cover them up) out of a similar fear, and not for the good of the people, which inherently goes against profit maximization.


    To followers of  Rand, Leo Strauss and the Chicago School of Economics, abusing citizens and consumers is a form of philosophy. No common sense or logic can change their minds. They can even twist facts and call the deregulations that they themselves advocated and paid for “misregulation.” Once bailed out, followers of Rand might now say that banks didn’t need the bailout. How do they know? After all they were wrong before. They’ve ignored the devastating effect deregulation had on the entertainment and communications businesses, the transport industry, the utility sector, the banking industry, even the toy industry.


    But let’s not blame them. They’re purely a product of an anarchist’s laissez-faire system. If a social-political system is strong, capitalism is the best way to assure general wealth. Regulations allow for all to start fair and square, without favoring bullies and without shortcuts, corruption or unfair practices. Under these circumstances, meritocracy is what makes the difference, not bribes and cover ups.


    There are other variations of capitalism, and Italy epitomizes one of them: Capitalism without capitals. In Italy, anyone with little or no money, but with sufficient political clout, can acquire anything with government capital, as Alitalia, Telecom Italia and others can attest. Indeed, the state finances everything, from movies to newspapers, agriculture to  cars, heath care to banks. The only capitalist element is that while losses are covered by the state, profits are only shared among those private partners that are politically well connected.


    When the late Gianni Agnelli of the automaker FIAT announced that he was “donating” his art collection to the state, the underlying truth was that he was returning it to the state.

    The commonality of Italy’s version of  capitalism with its American form, is the “selfish” element, which has expanded to all levels of the Italian society. The state licenses every enterprise, so that licensees can better practice this “selfish” aspect of capitalism. Thus there are, for example, pharmacies and supermarkets closed when most needed by consumers and open only when convenient to the owners. The license requirement assures that stores cannot be put out of business by service-minded entrepreneurs.


    In Italy, to make sure that transparency and ethic will not interfere with its version of capitalism, the regulated are also the regulators, i.e., bankers regulate banking (BankItalia) and speculators regulate the stock market (Consob).


    But the best and most ingenious element of Italy’s form of  “selfish” capitalism is the crisscross responsibility which assures that no one can ever be blamed for any wrong doing, as most recently demonstrated with the train wreck in Viareggio that killed 28 people with gross negligence that no-one could be blamed for. #

     




  • L’uomo Plasmon attraversa l’Adriatico in pattino da solo

    L’uomo Plasmon torna ad attraversare l’Adriatico, ma questa volta da solo, seguito a distanza dal regista Simone Del Grosso che sta completando la realizzazione di un documentario sulla vita di questo personaggio: fama, soldi, poi affari con la prostituzione, droga, mafia e lavori forzati in Egitto, coprendo anche paesi come la Germania, la Svizzera ed il Messico.
    L’uomo Plasmon é il 64enne Fioravante Palestini in arte “Gabriellino” che, nel 1963, venne

    scoperto nella sua nativa Giulianova (Te) da un pubblicitario come uomo immagine dei biscotti Plasmon. Molti ricordano la sua mitica martellata che chiudeva la pubblicitá Plasmon nei Caroselli.

    L’anno scorso, durante i preparativi per la traversata in pattino da Vodice in Croazia a Giulianova in Abruzzo, Gabriellino tornó alla ribalta con  un approfondimento su Vanity Fair, un servizio su Gente, e programmi televisivi come Matrix.

     Nel 2008 aveva un aiuto rematore che, peró, fu colpito da mal di mare al largo della costa croata e cosí Gabriellino dovette fare da solo nonostante un tendine rotto.
    Quest’anno, invece, il 7 agosto partirá da solo da Sibenik in Croazia –– e dopo circa 40 ore arriverá al porto di Giulianova –– dedicando la traversata alla memoria del giudice ucciso dalla mafia, Giovanni Falcone che aveva creduto in quell’ingenuo ragazzo di mare.

    Questa sará la seconda traversata dell’Adriatico in pattino per Gabriellino. Altre traversate avevano avuto luogo a Giulianova negli anni scorsi, ma durante le prime due, nel 1984 e 1985, Gabriellino era rinchiuso nel carcere duro di Abu Zaabal, a 40 chilometri dal Cairo, in Egitto, per una faccenda di droga.

    La vita di Gabriellino inizió nel mare di Giulianova dove venne ingaggiato dalla Plasmon, a cui fecero seguito spot televisivi per la brillantina Linetti e per i biscotti Mellin.
    Conoscevo Gabriellino da quando era ragazzo, ed immaginare quel forzuto giovane di un metro e novanta sempre sorridente e pronto con umiltá ad aiutare tutti, diventare un criminale mi é quasi impossibile. Eppure a verificare l’alta posizione gerarchica in cui era arrivato in seno alla cosca mafiosa palermitana di Gaspare Mutolo, fu addirittura il giudice del pool antimafia  Giovanni Falcone, le cui interrogazioni vennero poi riprodotte nel libro del magistrato e politico Giuseppe Ayala, I miei anni con Falcone e Borsellino, edito dalla Mondadori.

    Ad avviare alla criminalitá il giovane ingenuo e non scolarizzato Gabriellino é la Germania, paese in cui emigra e dove il suo fisico aitante lo porta ad essere assunto come guardia del corpo di un miliardario israeliano, poi ad entrare nel mondo dei night club, delle bische clandestine e della prostituzione. Da lí a passare al mondo della droga il percorso é breve: viaggi a Singapore e in Tailandia per procurare forniture di eroina per conto della Mafia, con una di queste viene arrestato a bordo di una barca a Suez. Stranamente il comandante della nave ed i membri dell’equipaggio, tutti greci, vengono rilasciati, nonostante avessero a bordo 250 chili di eroina e 25 di morfina. Gabriellino, unico italiano a bordo, viene arrestato dalle autoritá egiziane che, prima gli infliggono la pena di morte,e  poi la commutano a 25 anni di lavori forzati che, alla fine, diventano 20 per buona condotta. Proprio mentre veniva arrestato nasceva Natasha, sua unica figlia da una donna tedesca, che poi andó ad abitare in Messico.
    A capire che Gabriellino non aveva la stoffa del criminale é per primo il giudice Falcone che lo voleva estradato in Italia, ma gli egiziani rifiutarono. In seguito, quando chiesi ad alcuni dirigenti della Tv egiziana di mia conoscenza se potessero occuparsi  del “caso Palestini” (chiamato “Il faraone dell’eroina” dalla stampa locale), anche loro, una volta conosciuto, ne parlarono in termini positivi.

    Gabriellino era e rimane un semplice giuliese, innamorato di una cittá che non lo ha mai completamente accettato. Oggi, con questa nuova traversata, Gabriellino torna nel suo mare (elemento sacro a Giulianova) per farsi perdonare dai suoi concittadini. Verso la societá in generale si sente riscattato, visto che ha passato 20 anni rinchiuso in un carcere: prima in isolamento, poi in una piccola cella assieme ad altri 15 detenuti, molti dei quali fondamentalisti islamici coinvolti col terrorismo e che gli insegnarono a parlare l’arabo.
    Se a Mosé il mare serví per fuggire dagli egiziani, a Gabriellino il mare serve per ritrovare la sua Giulianova dopo la penitenza egiziana.

    Ad aiutare il “Gigante Buono” a farsi perdonare é la stampa internazionale e tra questa anche il regista del documentario, La vera storia dell’uomo Plasmon, Simone Del Grosso, e l’autore di un fumetto su di lui, Albert Pepe.

    Del Grosso, anche lui di Giulianova, ha terminato quasi tutte le riprese principali nei vari paesi. Ora rimangono alcune importanti testimonianze a Roma, poi la conclusione della traversata. Il documentario di 52 minuti sará pronto per la fine del 2009.

  • Abruzzo. L'America si mobilita



    Generoso D'Agnese segue per vari giornali l'emigrazione italiana, ed i particolare quella abruzzese, nel mondo. Abbiamo chiesto al giornalista di Pescara, che ha visitato le zone terremotate d'Abruzzo, com'é la situazione, specialmente a L'Aquila, cittá che conosce bene, dove ha vissuto come studente e durante il servizio militare.

     

    “É un'Aquila ancora stordita quella che oggi si sveglia con un'altra giornata da inventare. Al continuo brontolio della terra che ha letteralmente spostato la vallata di alcuni centimetri, al freddo intenso, ora si è aggiunta  anche la pioggia capace di mettere a nudo i limiti del materiale logistico usato per le tendopoli”.

     

    Le tende resistono?

    “Non tutte resistono alla pioggia incessante che li flagella e che gonfiano fiumi e provocano frane”.

     

    Chi hai visto tra i primi abruzzesi americani?

    “Mario Daniele, imprenditore e vice console onorario italiano a Rochester, New York, è stato tra i primi a correre in soccorso della sua terra. È stato promotore della prima università per sordomuti in Italia (doveva nascere proprio all'Aquila o a Teramo)”.

     

    Cosa ti ha detto Daniele?

    “Quando l'ho incontrato le prime parole sono state: 'Ho la fortuna di avere ancora mia madre viva'. La mamma di Daniele, Esilde Casciani è in salvo, seppur ammalata. La casa, invece, si è sgretolata insieme a tutto il paesino. Esilde dovrà raggiungere il figlio Mario a Rochester, dopo aver riottenuto un passaporto andato perduto sotto le macerie. Daniele mi ha detto: 'fin dai primi momenti ho avuto il sentore che qualcosa di estremamente grave fosse successo. Le linee interrotte, l'impossibilità di comunicare con chiunque, le prime immagini trasmesse dalla Tv mi diedero subito il senso del dramma. Torno spesso in Abruzzo e mi incontro con altri conterranei molto attivi sia in Italia che negli Stati Uniti. E proprio con uno di loro, l'amico Dom Serafini di Giulianova, ho dato subito vita a una raccolta fondi, sperando che i nostri conterranei non diventassero confusi dalle troppe iniziative'.”

     

    Da che paese è originario Daniele?

    “Viene da Castelnuovo. Ubicata sulla corona altocollinare che cinge la conca dell'Aquila, Castelnuovo è (era) una frazione del comune di San Pio delle Camere, e nella notte del 6 aprile si è ritrovata a sopportare la massima potenza della scossa sotterranea. Qui la terra ha tremato più che in qualsiasi altro luogo del circondario, toccando la massima intensità di magnitudo e sbriciolando il piccolo centro arroccato intorno al suo nucleo storico. Cinque morti e la distruzione pressocchè totale rappresentano il bilancio di questa piccola fetta del dramma.

    A distanza di quattro giorni dal sisma che l'ha colpita, Daniele è arrivato a Castelnuovo per ritrovarsi a scavare insieme ad altri concittadini tra le macerie del paesino”.

     

    Che impressione ha avuto?

    “Nonostante Castelnuovo sia il paese d'origine dell'ex presidente della Camera Franco Marini, quasi nessuno ha mostrato il suo dramma. Hanno avuto soltanto la visita di Rai Italia, ma le grandi testate giornalistiche e  i rappresentanti delle istituzioni non sono arrivati. Hanno preferito fermarsi a Poggio Picenze per inaugurare -- giustamente-- la ripresa della scuola sotto le tende. Non è per vittimismo che Daniele reclama attenzioni. Ma la visita di qualche rappresentante delle istituzioni avrebbe almeno tirato su il morale di chi ha visto morire i suoi cari e deve ricominciare tutto da capo.

    Daniele ha offerto la sua disponibilità agli studenti rimasti senza casa e senza corso di laurea per permettere loro di continuare gli studi in America.

    L'offerta di Daniele è solo una delle tante iniziative che hanno trasformato l'Abruzzo in una terra 'in attesa'. Tutti vogliono aiutare e tutti vogliono che gli aiuti arrivino veramente a buon fine sostenendo progetti validi e concreti”.

     

    Hai incontrato altri americani di origini abruzzesi?

    “Si, Santa Casciani, professore di lingua e letteratura italiana alla John Carroll University di Cleveland, Ohio. Ricercatrice e autrice di testi su Dante e Michelangelo, Santa è il direttore del “Bishop Anthony M.Pilla Program in Italian American Studies” (con corsi a Roma e L'Aquila).

     

    Qual'é la sua storia?

    “Me l'ha raccontata lei stessa. 'Sono arrivata a L'Aquila nella primavera scorsa e ho accolto una trentina di ragazzi provenienti dalla John Carroll University. In autunno mia madre Giannina Casilio Casciani, che mi accompagnava al suo paese natale, ha avuto un ictus. Abbiamo iniziato un periodo di riabilitazione ma la scossa del 6 aprile l'ha sorpresa sola in casa con la badante ed entrambi si sono salvate per miracolo. Il terremoto ha distrutto completamente la nostra casa che fungeva anche da piccola scuola per gli studenti. Mi è rimasta solo l'automobile mentre il pc, con tutti i dati immagazzinati, è inservibile. Ora dormo accanto a mia madre, in ospedale, su una brandina offerta dal personale che già deve provvedere ad accudire decine di malati sfollati dall'ospedale dell'Aquila; non so come riportare mia madre in America. Mi hanno chiesto cifre che vanno fino ai 100mila dollari'.

    Dal giorno del terremoto, impossibilitata a vivere in casa e impegnata a vegliare sulla madre, la professoressa si è trasformata in volontaria nella corsia del piccolo ospedale di Tocco da Casauria”.

     

    Altri casi?

    “C'é poi il professore aquilano Alessandro Pajewski, ricercatore all'Universitá di Chicago, che preferisce tornare quando non é d'ingombro. 'I miei genitori, parenti ed amici si sono salvati e sono ora sfollati a Pescara', ha raccontato. 'Andare in Abruzzo avrebbe significato diventare una bocca in piú da sfamare ed alloggiare. Preferisco andare verso l'estate e concentrarmi sul restauro degli edifici di rilievo artistico che sono stati danneggiati', ha concluso Pajewski.

     

     

     

     

  • “Manhunters”. Alla caccia dei fuggitivi ci pensa un italo-americano


    In persona non é cosí mastodontico come lo é sul cartellone pubblicitario che sovrasta Times Square, ma non é nemmeno piccolo il comandante Leonardo (Lenny) DePaul, star della popolare serie televisiva americana “Manhunters”. Tra gli specialisti della giustizia in Italia, DePaul é conosciuto per aver catturato e fatto estradare in Italia nel 1993, Stefano Procopio, fuggito negli Usa dopo la strage di Bologna del 1980.



    Lenny é un italo-americano a capo del reparto “fuggitivi” dell’arma U.S. Marshal per la regione New York/New Jersey. Il cognome si pensa sia una derivazione di De Paoli cambiato quando il nonno arrivó in America dalla Sicilia.

    Prima di diventare famoso con il programma Tv settimanale sulla rete A&E (della Disney), DePaul era un semplice poliziotto dipendente dal Ministero della Giustizia. Ora che il suo show fa un record di audience per la rete, deve lavorare il triplo, giostrando la famiglia a Long Island, la troupe televisiva a suo seguito, gli impegni di investigatore e la costante attenzione dei superiori senza poterne ricavare nessun beneficio finanziario. Lenny é e resta un impiegato governativo a cui é stato consentito di fare televisione solamente per… promuovere l’arma. Ma procediamo per ordine.



    Il co-produttore della serie “Manhunters”, l’americano di origini abruzzesi Vincenzo (“Vince”) Scarza, invita questo giornalista a conoscere DePaul presso “Primola” il suo ristorante preferito a Manhattan. Davanti ad un salmone alla griglia, Vince parla prima della casa a Pescara che, con il sucesso dello show ora al 20mo episodio e rinnovato per ulteriori sei, finalmente si potrá permettere, poi racconta come ha conosciuto Lenny.

    L’idea di produrre un programma sui fuggitivi per A&E, la rete con cui lavora piú spesso, venne a Scarza nel 2007. Facendo una ricerca su Internet, il produttore fu attratto dalle origini italiane di DePaul, l’addestramento nelle forze speciali  della marina ed il suo ruolo di agente per la sicurezza del presidente Reagan. DePaul, in un primo momento non lo prese sul serio, poi peró si adoperó presso i superiori affinché questi concedessero l’approvazione per filmare la cattura dei fuggitivi, cosa resa piú facile anche per il fatto che ai fuggitivi non vengono riconosciuti i diritti d’autore.



    Seppur abbia origini nel vecchio Far West, l’arma della U.S. Marshal ha sempre ricevuto meno attenzione dell’Fbi, l’altro ramo investigativo del Ministero della Giustizia. I Marshal hanno il vantaggio che, al contrario dell’Fbi, possono estendere la  loro azione anche fuori degli Usa e sono quindi a stretto contatto con l’Interpol. In questo caso, peró, danno fastidio alla Cia.

    Al reparto Marshal del comandante DePaul vengono assegnati casi di criminali sfuggiti alla polizia o all’Fbi. DePaul ha presentato ai suoi superiori il progetto di Scarza come un modo di pubblicizzare il ruolo dell’arma. Non solo, per la gioia del produttore, l’arma mette a disposizione tutto le sue risorse tecnologiche e meccaniche, incluso l’utilizzo di elicotteri…gratis.

    Dopotutto il solo reparto Marshal di New York/New Jersey si vanta di aver arrestato 30.000 fuggitivi dal 2002, senza che l’opinione pubblica lo abbia mai saputo. Ora, con la popolaritá dello show, l’arma é inondata di posta e di riconoscimenti.

                    

    Mentre gustava il suo risotto ai frutti di mare, il 50enne DePaul racconta le difficoltá di un particolare episodio della serie nel quale doveva catturare un cittadino greco che faceva il cuoco a Manhattan e viveva nel New Jersey, accusato di aver ucciso a bruciapelo 18 anni fa ad Atene un ragazzo, rapito per estorsione.

    Poi passa a descrivere il suo viaggio in Italia nello scorso settembre assieme alla moglie di origini abruzzesi, Ellie, la cui famiglia, i Catalano, provenivano da Castelli (Te). Chiede se “Manhunter” sia ora trasmesso in Italia, ma Scarza non lo sa, visto che il reparto vendite di A&E non é molto solerte a fornire queste informazioni. Scarza assicura che é sicuramente visto anche in Canada, tutta l’America Latina ed in Scandinavia, ma Lenny é troppo occupato a giostrarsi un arsenale tra cellulare, walkie-talkie e palmare, per ascoltarlo. Come nello show, il comandante é in costante collegamento con i suoi investigatori. Nel suo caso il “si gira” non é mai programmato.



    Finita la serie di chiamate incrociate, Lenny spiega che ora il problema é non creare invidia tra le altre armi, come l’Fbi, e tra i poliziotti che non sono stati scelti per lo show. Infatti, per la scelta dei colleghi é stata la rete che ha imposto ai produttori una serie di investigatori tra quelli che Scarza aveva sottoposto.



    Chiudiamo chiedendo se abbia ricevuto offerte da Hollywood. Solo un agente lo ha contattato, dice, ma fino al pensionamento non puó fare l’attore: é e rimane un poliziotto.



           

     

     

  • La TV italiana in diretta per tutti? Sì è possibile

  • Life & People

    MIFED’s “Dottor” Franci: Gone But Not Forgotten


    I called the Milan Fair press office and the Milan Fair Foundation to get some information about Michele Guido Franci, the Fair’s president from 1978 until 1984.The information was needed for an article I was writing for Italian TV trade magazine, Millecanali (subsequently published in Italian by i-italy.org).



    Some readers might remember “Dottor” Franci as the secretary general of MIFED, the world’s first audiovisual market and, for many years, the leading film trade show, which he created in 1960.

    To my absolute astonishment, the Fair did not have anything on Franci except for the report that he was its third post-war president. That was it!



    A Google search also produced little information, like the fact that he had been president of Italy’s Culinary Academy from 1962 to 1983, and that he wrote the book "Christianity in Postal Stamps."

    How could it be that such a prominent leader, one that was an innovator and headed one of Italy’s largest enterprises, could be so totally forgotten?



    At that point, totally dumbfounded, I resolved to write a biography of Franci myself. Unfortunately, his publishing house did not have any information on file, while the Culinary Academy was only able to send me an Eco della Stampa newspaper clip from 1983, where Franci revealed a few tidbits about himself; and a clip of his obituary in Italy’s main daily, Il Corriere della Sera following his death in 1991 at the age of 87, headlined: “The Father of Milan Fair Has Died.”



    But Michele Guido Franci wasn’t just the father and president of Milan Fair, he was a trendsetter. Looking through old copies of Television/Radio Age International, a trade magazine where I served as editor, and, later, early issues of my current publication, VideoAge, a picture of Franci emerged as an eccentric, fastidious, demanding and severe man; but also as someone who was ahead of his time and who got things done without fanfare.



    After creating MIFED, in 1977 he added to the trade show a festival called “The Child in Our Time,” the first event to bring awareness to the plight of children in third-world countries. For his efforts, he received an award from United Nations Secretary General Kurt Waldheim.

    In 1983, a year after the word “Internet” was coined, Franci announced, “soon trade shows will no longer need large stands, especially for heavy equipment, because all transactions will be done through computers connected via satellite.”



    In 1984, before becoming “honorary president” of the Fair, at 80 years of age, Franci sent to the office of VideoAge in New York a cast-iron medal by sculptor Tommaso Gismondi, made to commemorate Franci’s 1979 Milan Fair Energy Saving Plan. In terms of renewable energy, Franci was ahead of former U.S. vice president Al Gore by about a quarter of a century.



    Even MIFED was created with the innovative concept of “suites” instead of stands. This concept was later adopted by other TV trade shows, such as NATPE and the AFM in the U.S. and the Monte Carlo TV Market and, recently, DISCOP, internationally.



    MIFED also set the business model for other audiovisual trade shows, such as MIP-TV and MIPCOM, with two yearly appointments: in the spring and in the fall.



    In addition, Franci was appreciated for his high standards: Restaurants at the MIFED building had to be no less than Michelin Guide-approved, with a maitre d’ and gloved waiters. “Meeting points” and bar areas were also Franci’s obsessions.



    Not too open to criticism, Franci always, nevertheless, had an ear for my comments, both in the form of articles and those I made in person. Famous were his calls over MIFED’s PA system as soon he’d spot me on the monitors of his closed-circuit TV cameras walking in the corridors: “Serafini, to me.” Of course I learned soon enough what “to me” meant!



    He then would say, pointing to a page of VideoAge with a few lines highlighted by a yellow marker: “Serafini, you’re like a son to me, why do you write such things?”



    Routinely I’d explain that VideoAge was like a mirror reflecting what the industry was projecting. “We cannot distort the news,” I’d say, “because those who give the news to us are the same people who advertise with us!”



    How times don’t change, though! Even today, we often get into trouble with NATPE, AFM and other markets’ organizers because they object to VideoAge’s straightforward reporting. Indeed, in this respect, Franci was the precursor of all other market organizers, who got upset with VideoAge, but admired our honesty, incisiveness and thoroughness. One such person was MIP-TV’s Bernard Chevry, who, contrary to Franci, would find ways to punish VideoAge for its reporting, even though those bursts of anger were short-lived.



    Even though Franci controlled a vast enterprise (Milan Fair, a large walled area, had its own representatives from various countries, its own customs offices and a police force), he lived modestly. He was a resident of Rome, where he’d go on weekends. In Milan, he rented a room at a hotel near the fairgrounds.



    He stayed on as MIFED’s secretary general until his retirement in 1986. The following year film producer Alfredo Bini was called upon to run MIFED. Soon after, all traces of Michele Guido Franci were lost, to the point where the new staff wasn’t even aware of who he was.



    Franci loved the audiovisual industry with a passion, which turned into a virtue with the creation of MIFED, a market, that, after Franci, even MBAs from the best universities weren’t able to keep alive.

     

     

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