Varick Street - New York, 8 gennaio 2010. City Winery ospita il concerto, sold out , di Carmen Consoli. Qualche giorno prima di assistervi avevo visitato il bellissimo sito Internet di Carmen per farmi un’idea del nuovo album e cercare di calarmi nell’atmosfera del suo attuale percorso e della sua poetica. Una citazione in particolare mi ha colpito e ve la ripropongo, perché credo sia una chiave d’accesso al suo mondo artistico. Oscar Wilde diceva “è sufficiente dare una maschera ad un uomo affinché dica la verità.”
Carmen Consoli attraverso i miti, attraverso figure immaginarie o caratteri reali, attraverso le maschere degli altri, ci racconta la storia dell’amore e quella delle donne. E forse un po’ anche la sua.
In attesa che il concerto abbia inizio, mentre l’organizzazione cerca di trovare un posto a sedere per tutti i numerosi spettatori, io, in onore dell’artista, bevo un bicchiere di Donnafugata di Sicilia del 2008.
La City Winery è un bellissimo ristorante che apre le sue porte alla musica e al gusto variegato per la buona vita. L’atmosfera è calda e le aspettative di tutti sembrano essere alte. Si confonde, sotto la luce fioca del locale e nel tintinnio di piatti e bicchieri, il vociare italiano e inglese. Il pubblico infatti non è costituito solo da nostalgici italiani e fan di vecchia data, ma anche d nuovi curiosi americani. Vuol dire che il lavoro di Carmen Consoli di portare la sua musica oltre i confini italici sta funzionando.
Si apre il sipario ed arriva lei, la 'cantantessa' di Catania con le sue chitarra. Non ci sono musicisti ad accompagnarla, nessun altro strumento ad ammorbidire o sedurre, nessun effetto speciale. La sua voce unica e la cassa di risonanza della chitarra. In tutti gli intermezzi Carmen parla in inglese e racconta con ironia e una nota di timidezza, per chi non può comprenderle, le storie custodite nelle sue canzoni.
La scaletta spazia dai vecchi successi – Parole di burro, L’ultimo bacio, Fiori d’arancio, Contessa miseria – ai nuovi brani dell’ultimo album “Elettra” – Mandaci una cartolina, ‘A finestra, Mio zio, Perturbazione atlantica, Elettra. Ma Carmen non dimentica mai di portare con sé, ovunque vada, la sua casa. E allora ecco una parentesi tutta dedicata alla tradizione popolare siciliana. Il tamburo batte questa volta il ritmo di una musica diversa, fatta di stagioni, di terra, di mare, di vita antica e nuda.
E questo suo modo di andare in giro per il mondo portandosi dietro le sue radici e la sua forte identità mi colpisce e affascina.
Carmen Consoli è un’artista che non sembra concedere nulla di sé che non sia da lei profondamente sentito e sviscerato. Affonda le mani nelle emozioni e con quello che raccoglie ne scrive una canzone. Scende nelle vite degli altri, forse anche per conoscere meglio se stessa, e poi racconta le loro storie in prima persona. Come se dietro una maschera, dietro un volto, ci sia la storia di tutti. Questo porta spesso ad equivoci, la gente crede che quelle storie cantate in prima voce siano personali, private e condivise. Per questo non fa che ripetere con un sorriso malizioso, quando presenta i brani, “questa canzone non è autobiografica …. forse solo un po’. “
Carmen Consoli è una donna che ama le donne e le sa raccontare. Ma soprattutto sa raccontare le fragilità e le forze dell’amore. Ogni tipo di amore. Quello filiale, quello di una prostituta per il suo cliente, quello della sposa abbandonata. L’amore che non è mai banale, ma pulsa, spesso soffrendo.
In Mio zio canta una storia di silenzio e violenza, ambientata nel funerale dello zio carnefice. La nipote si presenta con il rossetto rosso in segno di lutto e un soprabito nero “e sotto niente, in onore del mio aguzzino”. Una canzone che si arrabbia, che sale s’infiamma nell’indignazione per un mondo sordo.
Mandaci una cartolina è dedicata al padre recentemente scomparso, ed è il ritratto dolce di un uomo che nei piccoli gesti ha costruito e protetto l’universo intimo della figlia.
Elettra chiude il concerto di un’ora e mezzo, ed è l’inizio del suo nuovo viaggio. Questa volta il mito della donna che ama suo padre, che uccide la madre e che rappresenta un trauma della psicanalisi, è dipinto con i colori di una prostituta che si innamora segretamente del suo cliente. Una canzone romantica graffiata dal conflitto.
È una giostra questo album, di quelle giostre antiche con i cavalli e le carrozze e le luci gialle, che quando ci sali ti ricordi dei tuoi sogni e ti ricordi che a qualunque età, essere donna è un viaggio colorato che viene da lontano e procede senza meta.