La mia casa è dove sono. E l'Italia dove va?

M. D. (September 15, 2013)
"La mia casa è dove sono" di Igiaba Sciego. L'Italia raccontata da una giovane scrittrice italiana di origini somale, alla Casa Italiana Zerilli-Marimo' (NYU)

Igiaba Sciego e' una ragazza che ama il caffe’, i vecchi film di Mastroianni, Va Pensiero ed il cibo italiano, ma che sa pensare anche al presente, guardare al futuro. E’ di orgini somale. Nella sua biografia si mescolano tanti elementi, come in un puzzle che racconta la società di oggi. Anche quella apparentemente più scomoda.

Ha infatti una storia personale che intreccia culture e paesi diversi: un padre proveniente dalla citta’ costiera di Brava e una madre cresciuta in una comunia’ nomade africana, basata su una complessa tradizione culturale orale.

Igiaba Sciego parla italiano, somalo e inglese. E’ cittadina italiana. Vive a Roma, citta’ di cui ama profondamente l’antica storia. Si e’ laureata in Spagna.

E’ giornalista e scrittrice. Lavora per varie testate nazionali come La Repubblica, Il Manifesto, Internazionale, Corriere Immigrazione.

“La mia casa e’ dove sono” e’ l’ultima sua fatica. Il libro, edito da Rizzoli,  e’ stato raccontato proprio da lei, presso la Casa Italiana Zerilli-Marimo’  in una presentazione che ha toccato temi controversi come multiculturalismo, integrazione (parola non troppo amata dalla Sciego) e diritti negati.

E' stata una presentazione che ha fatto riflettere e vedere,  attraverso i suoi occhi, un Italia che arranca, che non sa guardare al presente “siamo bloccati in un periodo storico. Nel periodo di Mastroianni e Gianni Morandi. “ ha esclamato Igiaba. La mia casa e' dove sono ... ascoltandoal veniva da chiedersi: dove va l'Italia?

Quella che racconta Igiaba e’ un’Italia diversa, un’Italia fatta di storie sommerse e dimenticate, un’Italia che a fatica riesce a staccarsi dal suo passato coloniale per aprirsi a i cambiamenti di una societa’ sempre piu’ multiculturale e diversificata.

“La mia casa e’ dove sono” porta alla luce tutte realta’ senza voce: esperienze e ricordi personali, racconti di immigrati che contribuiscono a costruire il nostro paese ma che sembrano abbandonati ad un destino di diritti negati e indifferenza.

Igiaba descrive l’Italia come un paese di stereotipi e contraddizioni. Lo fa con una lucidità straordinaria, evitando pesantezze, usando anche ironia e lasciandoci pensare un secondo subito un attimo dopo aver sorriso. Italia  un“Bel Paese” di “italiani brava gente” un paese di troppi nostalgici e bloccati ad una concezione di famiglia e societa’ “monocolore e monoculturale”, come lei stessa afferma.

E intreccia i suoi ricordi ed i piani di due mondi non troppo lontani. “L’Italia e’ dappertutto a Mogadiscio, nelle piazze, nelle vie; Mogadiscio e’ ovunque a Roma. Prendiamo ad esempio viale Somalia, racconta: perche’ si chiama cosi questa importante arteria romana? Se ne ignora il perche’. Ci dicono a scuola “siamo stati bravi a fare i ponti, gli acquedotti, le fontane”, ma non si va mai oltre la storia coloniale.  C’e’ invece molto di piu’.

Con voce ben ferma la Sciego legge passaggi della sua opera e di articoli pubblicati in passato. La Roma che descrive e’ una capitale senza piu’ gloria, una citta’ che, lontana dai flash di turisti ammaliati,  un luogo che vive situazioni di disagio e sofferenza.

E’ una Roma raccontata da “sagome immigranti” che popolano l’autobus 105, che dalla stazione Termini arriva fino a Grotta Celoni, periferia romana. “Un groviglio di corpi dove i continenti si sfiorano. Il ragazzo cinese dal viso stanco seduto affianco ad un nordafricano di mezz’eta’. Odore di curry, cipolla che si mescola a tante storie”.

Igiaba riesce a trasportare il pubblico della Casa Italiana dentro l’autobus 105. Fa vivere l’atmosfera, guardare dentro e fuori, li tra una fermata e l’altra nella periferia romana.

 E’ un’attivista, che vuole sensibilizzare.  Lo sa fare. Cosi’ come coloro che sono impegnati nell’associazione G2, seconde generazioni che da anni si battono per il cosiddetto ius soli, ovvero per garantire la cittadinanza italiana ai figli di immigrati nati sulla penisola.

Tra una lettura e l’altra la scrittrice mostra diversi clip video.

Spot pubblicitari e brani di film che con noncuranza usano immagini e linguaggi legati a stereotipi sul colore della pelle e sulla carica sessuale ed erotica del corpo della donna.

“l’Italia non e’ razzista”, afferma Igiaba ,“ma e’ ancora legata a concetti e strutture ideologiche degli anni ’60 che rendono tollerabile alcuni preconcetti che in altri paesi sarebbero considerati come del tutto inaccettabili”. In Italia non ci rendiamo neanche conto di quanto siano pericolosi quegli stereotipi.

Non manca il riferimento alla politica e alle polemiche sorte dopo gli insulti razzisti al Ministro Kyenge, a dimostrazione di come certe dinamiche sono addirittura presenti all’interno del nostro Parlamento.

Conclude la conferenza citando Martin Luther King: “I have a dream, quello di vivere in una nazione di cui tutti possano essere orgogliosi. Una nazione che riesca a distruggere gli stereotipi coloniali e dove tutti possano avere uguali diritti”.

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