Silvana Mangione. L'italiano negli USA è vivo ed in piena salute
Incontriamo il vice-segretario del CGIE a margine della 56esima edizione della North East Conference on the Teaching of Foreign Languages (Nectfl). (Vedi articolo nei related)
Non ci è sfuggito l'entusismo con cui l’abbiamo vista visitare gli stand italiani. Tra un libro e un filmato, un poster e piano di studi. Prove di come la presenza italiana, anche per quanto riguarda la lingua a New York, sia ricca per mezzi ed interesse.
E promuovere la lingua di Dante per Silvana Mangione è una missione fortemente legata alla sua attività di rappresentante istituzionale. Lo ha fatto e lo fa con entusiasmo, competenza e, quando occorre, aggressività.
Seduti vicino ad uno stand, pieno di colorati testi scolastici, affrontiamo con lei alcune questioni che sappiamo le stanno molto a cuore. Questo anche allo scopo di dissipare ogni dubbio sullo stato di salute della lingua italiana negli USA.
Promozione della lingua italiana ed attenzione da parte delle Istituzioni italiane. Come va?
“Siamo al punto in cui dobbiamo riuscire a far capire al Governo italiano che la promozione della lingua e cultura italiana all’estero non è una attività a favore degli italiani all’estero, ma a favore dell’Italia.
Racconto una cosa. Nella recente Commissione continentale in Australia erano presenti tre senatori di una delegazione del Comitato per la gestione degli italiani all’estero. E c’era un senatore della Lega che, appena arrivato, con assoluta sincerità e correttezza ci ha detto: noi non sappiamo nulla di emigrazione di italiani all’estero. Ci ha ascoltato però e al terzo girono ha preso la parola: ‘Tornerò indietro per sensibilizzare. – ha detto - I venti milioni di euro che mancano per la lingua vanno trovati. Servono prima all’Italia che a voi.’
Abbiamo cominciato con i parlamentari. Occorre ora convincere il Governo che se in momenti di vacche magre bisogna risparmiare, occorre scegliere bene su cosa. A fronte di miliardi di euro, venti milioni di euro per continuare a promuovere l’italiano per l’italianizzazione del mondo non sono nulla. “
Esiste poi anche una realtà statunitense diversa dal resto del mondo. Come si fa ad attirare l’attenzione su questo fatto? E come si fa e far sì che una volta stanziati i fondi sia possibile utilizzarli intelligentemente?
“Chi si loda si imbroda" si dice a Bologna. L’ho detto personalmente al Ministro Frattini in un incontro che abbiamo avuto con lui alla Farnesina sui tagli della finanziaria. Ho detto chiaramente che bisogna sostenere la promozione della lingua in via generale, ma che in determinati mercati va fatta di più che su altri.
In Europa esiste la risoluzione n. 77 del 1977 che pochi ricordano e che non è mai stata applicata. Fa obbligo agli Stati membri di insegnare, fin dall’asilo, oltre alla lingua del paese in cui si trovano anche quella materna. Si deve pretendere dai rispettivi governi. Perché non lo fanno? Perché ci sono una serie di costrizioni incancrenite che si muovono in determinati modi. Non si ricorre nemmeno nel momento delle vacche magre a soluzioni che potrebbero portare a liberare fondi per destinarli ad altre aree nelle quali sono maggiormente necessari. Poi vanno ovviamente, come dici, assegnati con intelligenza e soprattutto maggiore mancanza di parzialità”.
Sappiamo che per ora, sul fronte AP, gli italiani qui hanno perso. E’ una grave sconfitta, ma non segna certo la fine dell’italiano. Eppure il rischio è che il messaggio passato, insieme a questo insuccesso, sia quello che non interessi, che non ci sia la domanda…
“No non è cosi. La sconfitta è di chi ha gestito per parte americana i rapporti con il College Board. Non certo delle istituzioni italiane. E neanche della Comunità italiana.
E’ di chi ha contrattato numeri ed impegni che non era possibile mantenere. Non c’è stata alcuna sconfitta dell’italiano. Anzi l’insegnamento e apprendimento stanno crescendo. L’apprezzamento dell’italiano come lingua di cultura sta aumentando in misura esponenziale. L’AP è una certificazione, un esame che consente ai ragazzi di entrare alle università americane portando con loro un certo numero di crediti gratuiti. Solo questo.
L’AP non è l’insegnamento dell’italiano che funziona benissimo e sta crescendo fin dalla scuola d’infanzia.
E’chiaro che nel momento in cui si è verificato un caso di questo genere le persone di buona volontà cercheranno, e stanno già cercando, di trovare soluzioni alternative e certificazioni alternative. Perché se il College Board ha fatto dell’AP un programma attraverso cui guadagnare centinaia di migliaia di dollari l’anno, secondo noi la certificazione deve servire a favorire lo studio dell’italiano e l’inserimento dei giovani nelle università. Questo è il nostro interesse vero e non quello finanziario…”
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