Come scontentare greci e troiani: le elezioni italiane all’estero

Rodrigo Praino (March 16, 2008)
Collegio Centro e Nord America. Due peculiarità, due storie in un certo senso speculari che pongono alcuni interrogativi sui rapporti tra i partiti e gli elettori e tra gli elettori stessi



In questa ennesima fase di “democratizzazione” della politica italiana, fatta di elezioni primarie e rinnovamento della classe politica, le novità per gli italiani del collegio Centro e Nord America saranno poche. Ci sono però due peculiarità, due storie in un certo senso speculari che pongono alcuni interrogativi sui rapporti tra i partiti e gli elettori e tra gli elettori stessi.

La prima storia è anche cronaca politica di questi giorni e riguarda l’esclusione dalle liste del centro-destra dell’On. Salvatore Ferrigno, deputato uscente di Forza Italia. L’Onorevole, che era stato eletto nel 2006 per la prima volta, all’ultimo momento non è stato confermato tra i candidati azzurri. In una lettera ormai famosa, pubblicata da un sito internet, Ferrigno ha dichiarato ai suoi elettori che il PDL “predica bene e razzola male”, e ha definito “personaggi sinistri e perfidi” i responsabili della decisione sulle candidature del partito.

La seconda storia è abbastanza diversa, ma l’esito è simile. Riguarda il direttore della Casa Italiana “Zerilli-Marimò” della New York University, Stefano Albertini. Italiano, residente a New York da circa 20 anni, Albertini è un personaggio di spicco della comunità culturale italiana di New York. Conosciuto ed apprezzato in diversi ambienti, un gruppo di amici e conoscenti lo hanno proposto come possibile candidato del PD. In modo molto “grass-roots”, la candidatura è stata solo approvata, non richiesta, da Albertini. Nonostante l’indubbio prestigio del potenziale candidato, ed il sostegno ottenuto non solo dall’intellighenzia italiana-newyorkese, ma anche da personaggi di spicco di altre zone degli Stati Uniti, il PD ha declinato l’offerta.

Questi due casi sono emblematici, nel senso che mostrano come ai partiti italiani non interessi tanto, nella scelta dei candidati all’estero, il sostegno sul territorio. Con la sua elezione nel 2006, l’On. Ferrigno ha dimostrato di avere un seguito elettorale di tutto rispetto. Si presume che il suo elettorato di riferimento sia composto soprattutto da italo-americani radicati sul territorio statunitense che mantengono tuttavia forti legami di vario tipo con l’Italia. Stefano Albertini, dal canto suo, raccoglie indubbiamente un forte consenso soprattutto da parte della “nuova immigrazione”, fatta di giovani, ricercatori, professionisti che lasciano il Bel Paese per motivi di lavoro o di studio, spesso legato agli ambienti culturali e universitari. Due personaggi dunque molto diversi, ma entrambi in grado di raccogliere il sostegno di tipologie importanti di italiani residenti negli Stati Uniti.

Purtroppo questi due gruppi non si parlano spesso, e a volte sono in contrasto tra loro. Insieme alla lettera di sostegno ad Albertini, firmata da decine di personaggi di spicco del mondo universitario e culturale taliano a Nwe York e negli Usa in generale, alcuni blog hanno pubblicato anche un intervento scritto da Daniela Cavallero, docente di lingua e cultura italiana all’università di Chicago. Cavallero dichiara di far parte di un gruppo di italiani residenti negli USA che non si riconosce negli “interessi della comunità italo-americana”. Cosa ancora più interessante, questo intervento si chiude con un appello abbsatnza crudo: “basta con questa storia del mandolino, o sole mio, e dei prosciutti che pendono dai soffitti! Noi non siamo così!”

A parte il fatto che alcuni potrebbero trovare offensivi questi toni, il punto essenziale è che lo stereotipo italo-americano che la Cavallero utilizza è legato al passato di tutti gli italiani, non solo di quelli emigrati in America. Quanti di noi non hanno una nonna o una zia anziana che ancora oggi, in un paesino di montagna in Italia, prepara con cura prosciutti e salami appesi ai tetti fatti con un maiale allevato in comune con la vicina di casa? Quanti non ha un nonno che ancora oggi, mentre giriamo il mondo in qualità di ricercatori per questa o quella università, ascolta canzoni suonate da un mandolino mentre gioca a carte seduto in un bar, rigorosamente frequentato da soli uomini anziani? Forse per affermare la “modernità” della priopria identitià non è necessario rinnegare il passato e la propria storia familiare e personale...

Tra l’altro basterebbe guardare ai raffinati ambienti culturali degli Italian American Studies, in cui scrittori e studiosi di origine italiana, che appartengono senza alcun dubbio alla cultura mainstream americana, riscoprono la letteratura, il cinema, la storia di questa nazione emigrata negli scorsi 150 anni. Sono sofisticati intellettuali che non si sognerebbero certo di negare la capacità di una parte della “comunità italo-americana” di “produrre cultura”. E questo è un approccio che a noi sembra Stefano Albertini condivida in pieno.

Tornando invece alle scelte dei partiti, è curioso notare che i due più grandi partiti italiani non hanno dato ascolto alle pressioni dal basso: né a quelle della “società civile” che avrebbe appoggiato Albertini, né a quelle delle reti di lealtà elettorale già sperimentate, che avrebbero sostenuto Ferrigno. Mentre l’elettorato litiga e si spacca e i partiti non prendono in considerazione le richieste presenti ed il comportamento passato degli elettori, sarebbe naturale domandarsi cosa i futuri parlamentari eletti all’estero riusciranno a fare, come e perché (o per chi!)

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