Attenti alla ghigliottina reazionaria

Stefano Vaccara (June 22, 2008)
Intervista a Stanton H. Burnett, autore di "The Italian Guillottine: Operation Clean Hands and the Overthrow of Italy's First Republic"


 Avevo chiesto al Dr. Stanton H. Burnett, l'autore nel 1998 di "The Italian Guillottine: Operation Clean Hands and the Overthrow of Italy's First Republic", (Rowman & Little Field), di ridiscutere le tesi del suo provocatorio saggio pubblicato dal Center for International and Strategic Studies. Stan da tempo è diventato un mio amico, lo conobbi intervistandolo proprio nel giugno di dieci anni fa per quel suo libro che ci procurò anche una denuncia dell'allora capo dell'opposizione Silvio Berlusconi. Ricordate? Dopo aver intervistato il politologo Burnett, cercai e ottenni la replica dei magistrati milanesi e dopo l'intervista, il Cavaliere indignato in diretta tv minacciò di querela "il magistrato Pier Camillo Davigo e il giornalista americano Stefano Vaccara...". Eravamo finiti tra i dui fuochi della guerra tra giustizia e politica in Italia.

Quando chiesi a Burnett l'intervista, non prevedevo che in quella stessa settimana il capo del governo Silvio Berlusconi avrebbe dissotterrato lascia di guerra contro la magistratura.

"Ok Stefano, ci dobbiamo vedere entro mercoledì perché poi sarò a Washington". Stan Burnett da oltre dieci anni vive a New York, dove si dedica soprattutto con la moglie Fiona alla sua passione preferita: l'opera. Eppure nella capitale ci torna spesso, perché continua ad essere un Senior Adviser dell'autorevole Center for Strategic and International Studies ma anche perché viene chiamato a Foggy Bottom dall'ex datore di lavoro per partecipare ad alcuni "briefing" sulla situazione in Italia. Burnett, ex professore di scienze politiche, oltre trent'anni fa venne assunto dal Dipartimento di Stato per aiutare il governo Usa a "decrittare" certi paesi alleati che durante la guerra fredda, come dire, erano cosiderati più a rischio. Fu in missione sia alla Nato che a Roma, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Poi al CSIS, ha continuato a monitorare l'Italia, concentrandosi principalmente sul sistema giudiziario. Quando scoppiò Mani Pulite, Burnett aveva già iniziato le sue ricerche che poi, nel '98, produssero quel libro bomba che sosteneva la motivazione "ideologica" di alcuni settori della magistratura, soprattutto quella componente della corrente di Magistratura Democratica, che secondo Burnett, fin dagli inizi degli anni Settanta avrebbe teorizzato una rivoluzione politico-sociale in Italia da portare a termine "con altri mezzi", cioé quelli giudizari.

Il nostro interesse per le idee diffuse dallo studioso americano non è dovuto ad una condivisione o accettazione totale, come se fossero "verità" incontrovertibili. Si tratta di tesi, anche ben strutturate, ma pur sempre in un contesto di studi accademici. Ciò che sostiene Burnett qui ci interessa perché certe accuse ripetute da anni da Berlusconi, sono sostenute anche da uno studioso che fa parte di un influente think tank americano, e quindi perché certe opinioni trovano ascolto in ambienti della diplomazia e di altre agenzie Usa che tengono le fila della politica estera americana. Infatti chiediamo: Stan, le considerazioni che ci esprimi in questa intervista sono le stesse che farai a Washington questo fine settimana?

«Sono le mie idee, ma non posso prevedere né posso dire se si parlerà anche di altro... ».

Si è appena saputo che formalmente è riscoppiata la guerra tra Berlusconi e la magistratura. Proprio ieri in Senato il presidente Schifani ha letto la lettera del premier in cui ricusava il giudice Nicoletta Gandus per il processo a carico di Berlusconi e dell'avvocato inglese David Mills. Berlusconi accusa il magistrato di essergli ostile per ragioni politiche (due giorni dopo questa intervista, Berlusconi rincarerà la dose dicendo da Bruxelles: "Certe toghe, infiltrandosi nel potere giudiziario, vogliono sovvertire la democrazia" e "non mi faccio ghigliottinare"). Chiediamo a Burnett: ti aspettavi che dopo dieci anni dal tuo libro, tra potere politico e giudiziario sarebbero scoppiate le stesse polemiche? Siamo alla stessa situazione degli anni novanta in Italia?

«Non è esattamente la stessa, però il parallelo fa impressione. Quando scrivevo il libro, ero già pessimista, ritenevo che anche una reazione nei confronti di una certa magistratura da parte del potere politico non avrebbe portato alle riforme giudiziarie necessarie. Quelle tentate erano deboli, in larga parte sono fallite e quelle utili sono state ridimensionate dal Parlamento. Alcuni magistrati, tra i quali chi si sta occupando adesso di Berlusconi, hanno attaccato la cosidetta Legge Pecorella, che sarebbe quella che in America chiamiamo del double jeopardy, cioè non dare all'accusa la possibilità di appellarsi e riprocessare l'imputato per lo stesso reato per cui è stato già assolto. Mi pare che proprio il giudice Gandus abbia sostenuto che dovrebbe essere del tutto eliminata. Era difficile prevedere il successo di Berlusconi. Sempre all'attacco, è stato in grado di resistere all'assalto di alcuni magistrati. Mentre la classe politica precedente, pensiamo ai Craxi, ai Forlani, non riuscì a difendersi e non fu in grado di evitare la propria distruzione politica, Berlusconi invece c'è riuscito. Ovviamente lui ha i soldi, l'accesso privilegiato ai media, l'appoggio di una coalizione politica ‘muscolare', ma soprattuto ha avuto l'esperienza di assistere a quello che è accaduto alla classe politica precedente. La lettera letta al Senato in cui ricusa il giudice Gandus è una mossa molto aggressiva».

Nel '98, dopo la mia intervista con i magistrati Colombo e Davigo che seguiva quella con te, Berlusconi andò in tv per dichiarare che i magistrati avevano motivazioni politiche e che denunciava tutti, compreso il giornalista...

«Vero, però allora mi sembrò che la sua reazione veniva condotta ai livelli a lui coingeniali, appunto mediatici. Ora ha invece optato per la formalità della lettera al presidente del Senato, una mossa molto più spregiudicata, con un linguaggio usato nella lettera molto forte, insomma una iniziativa formale che deve aver sorpreso non pochi nella sua stessa coalizione».

Ma perché Berlusconi agisce in quel modo e perché proprio ora?

«Dal passato ha imparato che se resti sulla difensiva, se lascia ai magistrati l'iniziativa, sei finito. E poi sembra molto più sicuro nel sostenere l'accusa che esistano magistrati di sinistra che sono motivati politicamente contro di lui, trova le argomentazioni...».

Nel dare certi strumenti sembrerebbe che il tuo libro abbia aiutato...

«Non era questa la mia intenzione. Comunque ricordiamoci che negli ultimi tempi importanti giornalisti, penso parzialmente a Scalfari e quasi totalmente a Pansa, hanno esposto delle dure critiche a certi metodi di Mani Pulite, insomma sembra che lo stato d'animo non sia lo stesso degli anni novanta. Ma in questo scontro tra la politica e la magistratura la maggioranza del pubblico vuole una risposta chiara alla domanda: siamo in presenza, con Berlusconi, di un ricco delinquente, corruttore che merita di essere perseguito e condannato, oppure siamo in presenza di una frangia della magistratura eversiva, ideologicamente motivata che attacca un avversario politico e quindi un pericolo per la democrazia?»

A questo giornale hai dichiarato più volte che c'é anche una terza possibilità, che si possa essere in presenza di entrambe le situazioni...

«Esattamente, siamo tutti abituati a vedere nei film western un duello tra chi porta il cappello nero e chi lo porta bianco, ma si dovrebbe pensare alla possibilità che entrambi, tra chi si spara addosso, abbia il cappello nero...»

Ma così per l'Italia e la sua democrazia sarebbe una situazione nefasta, insostenibile. Che si potrebbe fare?

«Prima di tutto smettere di pensare, soprattuto voi giornalisti, che quando uno critica certi comportamenti della magistratura italiana o sostiene la necessità di riforme urgenti che possano renderla più simile alle altre democrazie occidentali, ecco che sia soltanto una battaglia per favorire Silvio Berlusconi e toglierlo così da certi guai giudiziari.

Secondo me non appaiono infondati certi sospetti su inflitrazioni politiche e ideologiche. Io per la verità non ricordavo il nome del giudice Nicoletta Gandus, ma anche lei appartiene alla corrente di Magistratura Democratica e sembrerebbe che in anni passati abbia avuto posizioni di sinistra molto ideologiche... »

Come pensi reagirà il presidente Giorgio Napolitano a questa nuova dichiarazione di guerra tra potere politico e potere giudiziario?

«Una caratteristica che abbiamo visto di Napolitano fin dai tempi di Mani Pulite, quando era presidente della Camera, è che egli crede e sostiene le maggiori istituzioni create dalla costituzione. Da certe conversazioni avute in passato con Napolitano so che lui pensa che Berlusconi non prenda abbastanza in seria considerazione il ruolo del Parlamento. Se si mette in conto questa fondamentale lealtà di Napolitano per le istituzioni, ecco penso che le preoccupazioni per il presidente siano oggi maggiori anche per alcuni episodi accaduti recentemente. La decisione da parte del governo di voler usare l'esercito per l'ordine pubblico, e ovviamente gli attacchi di Berlusconi con un linguaggio che sembrerebbe ormai non distinguere tra alcuni magistrati e l'intera istituzione della magistratura. Se uno ci mette anche la vittoria elettorale di Berlusconi ottenuta con la Lega e An, ecco che la preoccupazione per l'arrivo di una marea di destra autoritaria c'è. Napolitano deve essere molto preoccupato».

Dovrebbe Napolitano firmare la legge sulla sicurezza, chiamata ormai salva premier, che vieta le intercettazioni per svariati reati e che fa rischiare la galera ai giornalisti?

«Credo che stia riflettendo molto in proposito. Una legge che consente le intercettazioni solo per mafiosi e terroristi, quando si sa benissimo che sono proprio questi coloro che sanno bene come stare attenti ad essere intercettati, la dice lunga sulla sua efficacia. Sono i politici e certi imprenditori che invece cadono di solito nella rete... E comunque, a parte le questioni sicurezza, è una legge che in effetti renderà impossibile far arrivare a termine i processi come quello di Berlusconi. Sono vergognose le misure prese contro i giornalisti. Non si deve mai limitare così la libertà di informazione, è un classico istinto da regime autoritario. Ma sinceramente non so se Napolitano riuscirà a trovare ragioni costituzionali per respingerla».

C'è anche la ripresentazione del "lodo Schifani" che dovrebbe riuscire a proteggere Berlusconi comunque... La legge è uguale per tutti: non avrà più lo stesso significato in Italia?

«È un problema serio. Comunque ci sono tanti problemi nella giustizia italiana. Di Pietro ha detto che è un criminale chi si adopera a fermare un processo. Vorrei anche ricordare che quando un padre era stato arrestato con l'accusa di aver ucciso i figli, e la difesa si era appellata per la scarcerazione, c'era stata una prima risposta negativa perché il sospettato non era stato ancora in grado di dimostrare la sua innocenza! Siamo veramente in un contesto molto diverso da quello che è la tradizione giuridica occidentale, dove avviene l'esatto contrario. Comunque sulla sicurezza, la sinistra non è riuscita ad avere una posizione chiara dando la possibilità a Berlusconi e ai suoi alleati di innestare tutto in questo contesto, la necessità della gente di avere risposte nel campo della sicurezza. L'opinione pubblica era ben disposta e gli errori della sinistra hanno facilitato le mosse di Berlusconi. Poi ci sono dinamiche all'interno della sinistra che sono state condizionate anche dagli interventi della magistratura. Pensiamo all'ascesa di Veltroni a capo del PD: fu anche favorita dalla pubblicazione delle intercettazioni sugli scandali bancari che colpirono Fassino e D'Alema, sicuramente fino ad allora due possibili contendenti alla leadereship. Delle registrazioni che in fin dei conti non erano poi così gravi ma che bastarono a togliergli qualsiasi possibilità. In quel momento la coda dello scorpione ha colpito anche a sinistra. La questione sembra ora essere se il cittadino italiano abbia più paura della criminalità, o dell'accumulo di potere da parte di una destra muscolare e a tratti autoritaria. Da certi risultati elettorali, non ci sono dubbi quale sia la paura e chi se ne stia avvantaggiando».

La stesso stato d'animo che portò al potere Mussolini?

«Qualcosa di simile c'é... Se Berlusconi non esagererà troppo, ma quella lettera in Senato è stata una mossa pericolosa, e se a Roma la destra al governo frenerà certi istinti, la sinistra avrà difficoltà a trasmettere agli italiani il pericolo di crescita di una destra autoritaria. La destra invece è riuscita a far allarmare l'opinione pubblica su un problema sicurezza che sinceramente, se si guardano alle statistiche, non appare così giustificato».

In questo momento l'Italia, rispetto agli anni novanta, è un paese più in difficoltà?

«Sono più preoccupato oggi che ai tempi di Mani Pulite. La ragione è una conseguenza di quello che successe allora. Infatti oltre a far saltare le teste di tanti leader, quella stagione tolse di mezzo anche valorosi giovani che stavano emergendo dietro ai loro leader, molti andarono a fare altri mestieri, abbandonando la politica. Una classe politica più preparata è stata sostituita da una che non appare affatto brillante. Forse avremo un Berlusconi più statesman? Forse, ma finora non ho visto molto rispetto per le istituzioni. Temo, nel confronto con la magistratura, la reazione della destra non verso un numero limitato di magistrati ma verso una istituzione, che ha bisogno di riforme ma non di essere distrutta. Tutto può diventare molto pericoloso».

(Pubblicato su Oggi7 del 22 giugno 2008)

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