Articles by: Benny Profane

  • I 5 dischi da isola deserta

    Eccoci cari lettori alla seconda puntata di Music of My Mind. Oggi interrogazione. La domanda e’: quali sono i vostri 5 album da isola deserta ? il quesito e’ meno cretino di quel che sembra e ci consente anche di fare un breve excursus sull’editoria rock in Italia che magari interessera’ 2 o 3 fra di voi. In che senso ? presto detto.

    Molto tempo fa, quando molti di voi non erano ancora nati e non esisteva Internet, l’unico modo per informarsi sulle vicende dei nostri musicisti preferiti era quello di acquisire riviste musicali. Ce n’erano, ed in parte ce ne sono ancora, per tutti i gusti. Chi era di gusti non troppo sofisticati leggeva Ciao 2001 (peraltro non male agli albori, poi commercializzatosi vieppiu’) o Rockstar (dove scrivevano personaggi tuttora molto noti come Roberto D’Agostino e Dario Salvatori e dove comunque non mancavano giornalisti validi), chi era appassionato di quello che da queste parti chiamano “classic rock”, acquisiva il Mucchio Selvaggio o il Buscadero (oggi c’e’ anche Jam, scarsino anzicheno’), chi smaniava per il rock alternativo, il dark e la psichedelia si abbonava a Rockerilla (oggi credo scomparso, cosi’ come il mensile Rumore, il loro posto e’ stato preso dall’ottimo Blow Up diretto da Stefano

    Isidoro Bianchi). Ovviamente gli appassionati di jazz leggevano Musica Jazz, tuttora in ottima salute.
     

    Quelli che ne capivano di piu’ (tra cui il sottoscritto ovviamente....) avevano acquisito l’enciclopedia rock del mitico e discusso Piero Scaruffi (attualmente disponibile on line). Ci sara’ modo di parlarne piu’ diffusamente (se Letizia non mi chiude d’imperio la rubrica prima......), ma, per ora, vi starete chiedendo, che c’azzecca la storia dell’editoria rock in Italia con i 5 album da isola deserta ? Pazientate un attimo e saprete.

    Molte delle riviste sopra menzionate (ce ne sono state altre ma queste mi paiono le piu’ rappresentative) erano in forte competizione l’una con l’altra, per il semplice motivo che di quattrini nell’editoria rock ne sono sempre girati pochi (poche vendite, poca pubblicita’, etc) e dunque ci si accapigliava spesso e volentieri, mettendo in dubbio l’onesta’ e la purezza intellettuale del competitor di turno. Particolarmente rappresentativa di questo andazzo fu la scissione – risalente alla fine degli anni 70 o inizio anni 80, non ricordo – del Mucchio Selvaggio, dalla cui costola nacque il Buscadero, diretto da Piero Caru’. Caru’ veniva accusato senza troppi giri di parole da Max Stefani, direttore del Mucchio, di conflitto d’interessi, in quanto titolare di un negozio di dischi a Gallarate, il famoso Caru’ Dischi, nel quale vendeva (anche per corrispondenza) gli stessi dischi che recensiva entusiasticamente sul Mucchio. Cosi’ Caru’ invento’ il Buscadero, tuttora in edicola, che si contraddistinse da subito per la scarsa qualita’ dei servizi e per un’adorazione viscerale ed acritica per tutto quanto venisse prodotto da un Bruce Springsteen o da un Van Morrison di turno. Tenete presente che Stefani era e forse e’ ancora un direttore/dittatore, cosi’ da suscitare spesso e volentieri il risentimento della redazione.

    Intorno all’inizio degli anni 90 ci fu pertanto un’altra scissione, con la nascita di Velvet, creato da Federico Guglielmi ed altri ex del Mucchio, che pero’ ebbe vita breve, pur essendo di qualita’ piuttosto alta. Ma torniamo al Busca ed ai 5 album da isola deserta. Il mensile diretto dal barbuto Caru’ ospitava ed ospita spesso interviste ad artisti rock e country (la maggior parte telefoniche o via e mail....).

    L’ultima domanda dell’intervista e’ sempre ed invariabilmente la stessa: quali sono i tuoi 5 album da Isola Deserta ? cosi’, abbiamo pensato di rivolgere la fatidica domanda ad alcuni amici, che hanno risposto nel modo che segue. Non fatevi scrupolo ad inviare anche la vostra lista, non preoccupatevi non vi bacchetteremo le dita se includerete album di Jovanotti..... Nel mentre, io, essendo il responsabile della rubrica, mi autorizzo ad indicare non 5 ma ben 10 album, anzi 12. Eccoli qui: 
     

    John Cale – Paris 1919

    Popol Vuh – Hosianna Mantra

    Bill Evans – You must believe in spring

    Miles Davis – Bitches Brew

    Bob Dylan – Oh Mercy

    Rick Danko – Rick Danko

    Soft Machine - II

    Terry Callier – What Color is love ?

    Fred Neil – Fred Neil

    Fabrizio De Andre’ e Mauro Pagani – Creuza de Ma

    Captain Beefheart – Mirror Man

    David Crosby – If I could only remember my name 
     

    Mauro Pagani – musicista, compositore

    KIND OF BLUE di Miles Davis

    ARE YOU EXPERIENCED ? di Jimy Hendrix

    REVOLVER dei Beatles

    IN THE COURT OF THE CRIMSON KING  dei King Crimson

    DARK SIDE OF THE MOON dei Pink Floyd 
     

    Antonio Monda – giornalista de La Repubblica, professore alla NYU

    Born To Run (Bruce Springsteen)

    Blonde on Blonde (Bob Dylan)

    The Concert in Central Park (Simon and Garfunkel)

    Songs in the key of life (Steve Wonder)

    Wish you were here (Pink Floyd) 
     

    Alessandra Farkas – giornalista de Il Corriere della Sera

    Bringing it all back home, Bob Dylan

    The times they are A-changin', Bob Dylan

    Strange days, The Doors

    The dark side of the moon, ex-aequo con The Wall, Pink Floyd

    Me and Bobby McGee, Janis Joplin 
     

    Christian Rocca – giornalista de Il Foglio (anche a lui consento eccezionalmente di indicare 10 album, 5 rock e 5 jazz)

    Genesis - Selling England by the Pound

    Pink Floyd – Atom Heart Mother

    Bob Dylan – Blonde on Blonde

    REM – Automatic for the People

    Radiohead – Ok Computer

    Miles Davis – Kind of Blue

    Miles Davis – Bitches Brew

    Keith Jarrett – Koln Concert

    John Coltrane – My favorite things

    John Coltrane – A love supreme 

    Marco Cappelli - musicista
    S. Bach - Cello Suites (Pablo Casals)
    Bernie Worrell - Iproviczario
    John Zorn - The Gift
    Ismael Rivera - Oro
    Nino Taranto - Nino Taranto canta Raffaele Viviani

    Roberto Antonini – dirigente d’azienda

    Black market – W Report

    The dark side of the moon – P. Floyd

    Lush Life – J. Coltrane

    Blood on the Tracks – B. Dylan

    Who’s next – The Who 
     

    Giacomo Bagarella (matricola di Harvard e giovanotto di belle speranze)

    King Gordy: The Entity

    Immortal Technique: Revolutionary Vol. 2

    Bassi Maestro: Classe 73

    Eminem: The Marshall Mathers LP

    Notorious BIG: Life After Death

    Enzo Capua (giornalista musicale)
    The Cole Porter songbook - Ella Fitzgerald
    Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band" - Beatles
    Higway 61 revisited - Bob Dylan
    The Black Saint and the Sinner Lady - Charles Mingus
    The Blanton-Webster Band -  Duke Ellington

    Gianluca Sanzi (Manager, IRSES)
    The velvet underground & Nico - Syd Barrett
    Wouldn't you miss me - Syd Barrett
    The Best of Marvin Gaye
    A man and his music - Burt Bacharach
    Unplugged in NY - Nirvana

  • Jovanotti a New York. E il concerto? Ti è piaciuto sì o no? Dipende...


    Siamo andati per toccare con mano il fenomeno Jovanotti, ma neanche due ore e mezza di concerto tiratissimo (e sudatissimo, come loro malgrado hanno appreso gli spettatori delle prime file) sono riuscite a svelare il mistero di Lorenzo Cherubini, sbarcato a New York per conquistare l’esigente pubblico della Grande Mela nel giugno scorso.


    Accompagnato da un’ottima band internazionale arricchita dalla presenza del grande Mauro Pagani, il Cherubini, nel suo concerto sold out di giovedi scorso al Joe’s Pub, ha sciorinato il consueto repertorio funk-pop che ne ha decretato il successo in Italia, accolto con entusiasmo travolgente dal pubblico prevalentemente italiano, che ha cantato a squarciagola i cavalli di battaglia del repertorio jovanottiano e ballato a ritmo di dervisci per tutta la durata dell’esibizione.


    Tutto bene allora ? Dipende. Se consideriamo infatti le numerose esibizioni tenute dal nostro in vari locali della Grande Mela, tra cui lo Zebulon, il Joe’s Pub ed il Nublu (tutte “venue” di grande nome e richiamo ad onor del vero), ed il notevole riscontro di pubblico ottenuto, dovremmo concludere che la “residence” newyorkese del Cherubini e’ stata un successo foriero di sicuri sviluppi artistici e professionali negli USA.


    Se tuttavia ci limitiamo a considerare la composizione degli spettatori, ci accorgiamo che in gran parte il pubblico jovanottesco a New York è composto da italiani, prevalentemente espatriati e certamente familiari con la produzione del nostro. Come fai a dirlo ? vi starete chiedendo. Semplice: sembrava di essere ad un concerto di Baglioni, con il pubblico che canta a squarciagola i pezzi più noti in un rito musicale che tanto ci ha ricordato le manifestazioni più nazional-popolari del Bel Paese. Insomma, per farla breve, se il Cherubini intendeva conquistare il pubblico americano ed internazionale di New York, dubitiamo che l’operazione possa definirsi riuscita.


    E il concerto? ti è piaciuto sì o no? Dipende (aridanghete!) Ripeto, band ottima, repertorio così così, anzi direi proprio scadente. Un calderone funk sul quale il Cherubini declamava i suoi versi intervellati a grugniti e sguardi d’intesa con i suoi musicisti che tiravano come treni giapponesi. Nulla di nuovo sotto il sole. Lo faceva (meglio, molto meglio) James Brown 40 e passa anni fa (pregasi acquisire Live at the Apollo per credere). E le ballate? anche qui niente di nuovo. Testi melensi associati a melodie già sentite. Una melassa francamente difficile da digerire per il vostro cronista che in questi giorni sta ascoltando – scusate se e’ poco - Art Bears ed Henry Cow intervallandoli con Canzoniere del Lazio e l’Italian Doc Remix di Marco Cappelli, passando per l’ultimo di Bob Dylan ed un Amon Duul d’annata.


    Già sento le vostre obiezioni: smettila con le tue pretese intellettualistiche!! Jovanotti è un grande e merita rispetto. Al che non possiamo far altro che replicare: è la mia opinione e la condivido (come diceva Coluche.....). Ma è veramente così? siamo davvero così convinti che Jovanotti non meriti attenzione e che il successo dell’autore de La Mia Moto sia frutto unicamente di un’attenta operazione di marketing costruita a tavolino a spese del popolo bue?? confessiamo che le nostre certezze hanno iniziato a vacillare nei mesi scorsi, complice l’operazione di sdoganamento del nostro avviata proprio qui a New York dagli impagabili Stefano Albertini ed Antonio Monda alla Casa Italiana della NYU. Nei mesi scorsi il Cherubini, oltre ad essere intervistato dai predetti alla Casa Italiana, è stato altresì ospite dell’Istituto Italiano di Cultura e del festival Open Roads in occasione della proiezione del film dedicato a Fabrizio De Andrè, sempre accolto da un pubblico numerosissimo e partecipe, quello stesso pubblico che ha assistito ai suoi concerti newyorkesi e che presumibilmente – per estrazione sociale ed esperienza di mondo – dovrebbe essere ingrado di discernere la bontà o meno di un prodotto musicale. Alcune settimane fa persino il cattivissimo Aldo Grasso sul Corriere ha decantato le doti del sellerone romano, soprendendoci anzichenò. Ma a scuotere le nostre consolidate certezze dalle fondamenta è stata infine la già menzionata partecipazione del grande Mauro Pagani a due dei suoi concerti newyorkesi. Ora, enorme è la nostra stima per Mauro Pagani, il precursore della World Music e l’autore di Creuza de Ma, l’album più bello ed importante nella storia della musica d’autore italiana secondo la critica nostrana.


    Dopo aver visto Mauro Pagani sullo stesso palco del barbuto spilungone al Joe’s Pub, nell’entusiasmo del pubblico plaudente, confessiamo infatti di esserci sentiti come il tipo che guida contromano in autostrada e si stupisce del fatto che ci siano così tante automobili che vengono in senso contrario. Trent’anni di attento ed indefesso (poco inde e molto fesso, direte) ascolto di migliaia e migliaia di album, la puntuale lettura di gloriose riviste musicali come Mucchio Selvaggio, Blow Up, Rockerilla, Mojo, Musica Jazz, Uncut e chi più ne ha più ne metta, il tutto come un castello di carta che crolla miseramente con tutte le nostre aspettative ed illusioni. Insomma chi ha ragione? io, o tutti voi?? Dite, argomentate, intervenite.




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