Il film scelto per rappresentare l'Italia agli Oscar è profondamente incentrato sulla forza della famiglia e della comunità, oscillando tra momenti di pura gioia, profonda tristezza , malinconia straziante e sensualità soffocante. In essa è intrecciata la storia di successo dell'uomo che in un certo senso ha salvato la vita a Paolo Sorrentino, l'uomo che per un tempo è stato più importante di Dio, no, era Dio a Napoli, Diego Maradona, il suo famoso goal di mano che ha dato il titolo al film . La tragica morte dei genitori del protagonista, Fabietto Schisa, la rivelazione Filippo Scotti, spinge la sua vita e quindi il film verso una narrazione più fluida, con una scena decisiva in cui l'aspirante regista riceve consigli, urlati, dal famoso Antonio Capuano. E' lui che trasmetterà al futuro Premio Oscar la gioia di fare cinema.
Non c'è un vero filo narrativo in questa storia di formazione di Fabietto. La vita in una famiglia allargata e rumorosa ma anche calda e amorevole a modo loro. I suoi genitori (Toni Servillo e un'eccezionale Teresa Saponangelo) sono benestanti e stanno costruendo una seconda casa in campagna, anche se il loro rapporto è sotto stress a causa di una relazione extraconiugale da parte del padre. Il fratello di Fabietto, Marchino, vuole diventare un attore, ma i casting con artisti del calibro di Federico Fellini (qualcosa che il vero fratello di Sorrentino ha effettivamente fatto) non riescono a dare una svolta alle sue aspirazioni. L'unica costante nella vita di Fabietto è Maradona: prima c'è il fervore del si o no per il suo trasferimento al Napoli, poi le sue magie durante i Mondiali '86, e infine quando regala al Napoli quasi da solo lo scudetto nel 1987, un evento che resterà impresso per sempre nella memoria collettiva della città come una vittoria sull'"altra Italia", le potenze del Nord Italia che guarda sempre con disprezzo il Sud. Il momento più importante di Maradona, però, per Fabietto (e Sorrentino) è il fine settimana che i suoi genitori trascorrono nella loro nuova casa. Dovrebbe andarci anche lui, ma sceglie di partecipare a una partita durante un fine settimana, che alla fine gli salva la vita mentre i suoi genitori muoiono per una sfortunata fuga di gas.
Fabietto deve trovare un modo per sfuggire alle profondità della tragedia e venire a patti con lo strano gioco del destino che lo ha lasciato in vita.
La mano di Dio è una storia più personale e decisamente più emozionale di tutte quelle che ha raccontato in precedenza. Un film sulla perseveranza contro ogni previsione: come può un ragazzo con un sogno, un ragazzo che ha visto forse tre o quattro film nella sua vita, realizzare quel sogno di diventare un regista? Non è del tutto chiaro se Sorrentino voglia lasciare un messaggio profondo ma realizza quello che non ha mai fatto prima: raccontare una storia senza alcun filtro e in modo semplice.
Se la stilistica formale sono da sempre i suoi tratti distintivi, in E' stata la mano di Dio sceglie di metterli da parte e di permettere alla pura narrazione di posizionarsi al centro della scena. Fabietto rimane un po' un' enigma in un film molto particolare nel tempo e nello spazio, e quindi a volte impenetrabile se non per chi, Sorrentino per l'esattezza, ha voluto ricordare per non dimenticare.
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