Per i neofiti della famosa saga di George Lucas, la visione del nuovo episodio di Guerre Stellari può essere un'esperienza soddisfacente. Gli appassionati, i seguaci, i giovani Jedi che da quando sono piccoli seguono le avventure dei fratelli Skywalker, lasciano invece la sala con la sensazione di aver visto un’opera un po' furbetta. L’attesa in qualche maniera è stata appagata, ma quello che resta, in fondo, è il senso di smarrimento di chi si sente raggirato e non ha capito come.
Girato in pellicola, come i due precedenti, questo ultimo episodio vanta una qualità visiva e una fotografia impeccabili. Moltissimi invece i problemi di trama, un bel circo di contraddizioni e paradossi, che scorrono verso la battaglia finale tra salti temporali, con l'anarchico ventaglio di what if che ne consegue. Il film non riesce a stupire più di tanto: tutto quello che non è assurdo, o almeno vagamente coerente, è abbastanza scontato. Sostanzialmente sbagliato. Non si ha neanche il tempo di capire cosa non sta funzionando che irrompe in modo prepotente e subdolo l’errore successivo.
Il film è un universo di personaggi nuovi e inutili che appaiono e scompaiono. Meteore. Rey, una giovane sensibile alla Forza addestrata da Luke Skywalker, continua il proprio viaggio, trascinandosi dietro Finn e Poe Dameron, mentre gli ultimi sopravvissuti della Resistenza affrontano il Primo Ordine. Tutti corrono. È la Resistenza più veloce nella storia del cinematografo.
Poe, (Oscar Isaac), personaggio insipido da sempre, all’inizio del film aggredisce verbalmente Rey (Daisy Ridley) perché lei, invece che stare con lui e Finn (John Boyega), rimane con la principessa Leia, interpretata Carrie Fisher, compianta stella del franchise, a fare gli allenamenti Jedi. Chi scrive le battute di Poe sembra non aver mai visto un solo episodio della saga. Come se non bastasse lui e Finn tutto quello che fanno lo fanno male, oppure è inutile. Harrison Ford/Han Solo dove sei? Un grido nostalgico si espande tra le stelle.
Per non parlare del redivivo imperatore Palpatine, Ian McDiarmid, ma soprattutto di Kylo Ren, Adam Driver, il figlio parricida di Han Solo (e di Leila). Leo Ortolani, un noto fumettista italiano, dopo la sua prima apparizione nel settimo episodio Il risveglio della forza, lo aveva soprannominato “il fregnetta”, e tale è rimasto tutti e tre i film. Si finisce però per volergli bene, perché in fondo anche lui è vittima di un sistema, di una discendenza di maschi Skywalker che come Jedi si sono spesso dimostrati inadeguati.
Un finale carico di afflizione vede Rey emanciparsi dalla vecchia generazione, seppellendo le spade laser forse una volta per tutte.
“Star Wars: L’ascesa della forza”, forse complice l’acquisizione della Lucasfilm da parte della Disney, sembra una “Mary Poppins” riuscita male. Se immaginassimo Palpatine cantare una canzone, gli Stormtrooper improvvisare un balletto e coreografie di duelli e battaglie nello spazio sparse qua e là, tutto avrebbe un senso, per i fan arrivati oggi e per chi ha iniziato 43 anni fa.
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