An Italian pastry shop cum bar serving up traditional flavors in modern digs, Crave.it, which only recently opened in Chelsea, is already rapidly expanding and leaving nothing to chance. Everything is 100% “Made in Italy,” from the interior design to the goods on sale, from its gelato-making lessons for kids to its upscale catering.
Eat.it, Love.it., Crave.it
Una pasticceria-bar italiana fatta di traditional flavors ma con un look e un’impronta moderni. Crave.it, aperta di recente nel quartiere di Chelsea, è già in rapida espansione e non lascia nulla al nulla al caso. Tutto è 100% made in italy: dal design del negozio ai prodotti, dai corsi per insegnare ai bambini a fare il gelato al catering di alto livello.
Appena entrati l’odore dei cornetti appena sfornati invade subito l’olfatto, la vista viene piacevolmente conquistata dai colori delle vetrine, bellissime e luminose, che offrono ogni tipo di pasticcino: cannoli farciti di crema pasticcera o pistacchio di bronte, monoporzioni colorate e lineari che riflettono lo stile moderno del locale. Pizzette rosse e rustici con ricotta e prosciutto. Colpisce la semplicità dei sapori e il tocco di genuinità, senza dimenticare l’aroma di un vero caffè che ci fa sentire più vicini all’Italia.
Il murales realizzato all’interno del locale dall’artista italiano IenaCruz porta le scritte in stile tipografico Crave.it, Eat.it, Love.it. Il muro di fronte al bancone è un mosaico che rimanda a un misto tra antico e moderno composto da piastrelle fatte in vinile. “La compagnia che lo ha realizzato si chiama Digital Mosaic, ha sede a Modena e Chicago. Non volevamo la solita fotografia classica vecchio stile,” racconta la proprietaria Selvaggia aka Silvia Pizzetti.
Il nome stesso, Crave.it, è simbolico “Vogliamo far incuriosire i clienti sui nostri prodotti, farli tornare con il desiderio di provare una diversa pastarella, uno dei nostri mieli o un nuovo tipo di piadina”.
Silvia ha coronato un sogno dettato dalla sua passione per i dolci, ma partendo da molto lontano. Lavorava come giornalista freelance in Italia, poi quindici anni fa e’ arrivata a New York per seguire un corso di giornalismo alla Columbia University. Qualche anno dopo ha aperto una mia casa di produzione e nel frattempo, mentre questa si avviava, ha cominciato a lavorare con una compagnia di import/export che si occupava di caffè e che poi ha rilevato. E nel frattempo esplorava la sua New York City. “Già da allora la cosa che mi aveva colpito in questa città,” ci racconta, “è che non trovavo un posto dove fare una vera colazione all’Italiana. Ci sono 700 tipi diversi di cucina etnica e non si trova un vero cappuccino e cornetto all’Italiana! Noi vogliamo abituare la gente al buon cibo italiano, a provare tutte le sue varietà attraverso piccole monoporzioni [finger food], senza abbuffarsi.”
Così alla fine, dopo molte titubanze, insieme al fratello Patrizio ha deciso di lanciarsi in questo nuovo progetto. Ma doveva essere una cosa diversa da tutte le altre: “Per me il cibo è un arte e mi piace creare sempre cose diverse” dice Silvia. A cominciare dal pastrychef che “per quanto assurdo possa sembrare, non è Italiano! Ma ha uno dei più interessanti background che io conosca. Alejandro Quinones è nato a Lima, Perù, ha studiato nel suo paese in una rinomata scuola di pasticceria per poi andare in Francia a studiare l’arte del cioccolato e in Italia, dove ha aperto due pasticcerie.”
E cosa si prepara per le festività autunnali e invernali? Delle piccole opere d’arte a giudicare dalle anticipazioni che ci da’ Silvia: “Per halloween ci saranno mostri di montblanc e biscotti a forma di zucca; per il thanksgiving stiamo preparando torte a tema a forma di tacchino, torte di mele e zucche, torta al cioccolato ripiena di marron glacè, che qui non conoscono molto. E per Natale stiamo preparando i classici cesti natalizi da regalare sotto le feste. Ma lanceremo anche la nostra linea di pandori, da provare con lo zabaione o la Nutella, e abbiamo il miele della sardegna, la marmellata di fichi, l’olio al tartufo...”
Basta parlare dunque. Andiamo ad assaporare dal vivo una di queste leccornie e, d’accordo, ne usciremo con qualche caloria in più—ma ne vale la pena!
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