Barack Obama [2] ce l'ha fatta, sarà ancora il Presidente degli Stati Uniti. Tutti i media italiani negli ultimi mesi hanno dato ampio risalto all'evento seguendo le varie fasi della campagna elettorale americana dalle convention estive, ai dibattiti tra i contendenti fino all'election day e alla proclamazione del nuovo Presidente.
E per la notte elettorale i principali canali televisivi hanno organizzato vere e proprie maratone a stelle e strisce a cominciare da RaiUno che durante la diretta di “
Porta a Porta [3]” condotta da
Bruno Vespa [4] ha dato spazio a esponenti politici italiani, opinionisti e una squadra di inviati negli Stati Uniti per seguire da vicino l'evento storico. Una diretta tv filata via liscia, a volte anche un po' noiosa, soprattutto quando si andavano ad approfondire i meccanismi del voto americano.
Nulla a che vedere con il TG La7 di
Enrico Mentana [5] che ha realizzato una lunga edizione speciale per seguire live l'election day fino alla proclamazione del nuovo Presidente e che, contrariamente alle altre reti televisive, ha dato vita ad un accesissimo dibattito che ha risvegliato gli spettatori italiani dal torpore notturno. In studio con Mentana si sono alternati
Corrado Formigli, [6]
Alberto Alesina [7],
Carlo Rossella [8] e
Walter Veltroni [9], in collegamento da Roma e
Lucia Annunziata [10] da New York. Inevitabile il battibecco continuo tra
Ferrara [11] e la Annunziata i quali, essendo su posizioni diametralmente opposte, si sono punzecchiati durante tutta la diretta, cosa che suscitava nel direttore del Foglio un'irrefrenabile ilarità con risate plateali ogni volta che la direttrice dell'
Huffington Post Italia [12] prendeva la parola. Fino al momento in cui Lucia Annunziata, non potendone più, è sbottata: “Mi permetto intanto di dire a Giuliano che è un perfetto cretino. Queste tue battute sono insopportabili e non me ne frega niente di un’amicizia fatta come questa, va bene? Il tuo problema è quello di aspettare soltanto che vinca
Romney [13], ma se vuoi sentire cosa sta succedendo effettivamente in America devi fare i compiti a casa, quindi zitto e aspetta”. La serata si è conclusa mestamente per Ferrara, il quale dopo la sfuriata dell'Annunziata, avendo scommesso con Enrico Mentana cento euro sulla vittoria di Romney, ha dovuto anche saldare in diretta il debito.
La lunga kermesse notturna su tutti canali si è conclusa all'alba, col victory speech del Presidente Obama che ha suggellato una notte esaltante e che ha dato la carica a chi era rimasto sveglio in attesa della proclamazione. Guardando i telegiornali, è stato traumatico passare dall'entusiasmo palpabile a Chicago e in tutti gli Stati Uniti alle notizie della politica di casa nostra. Immediato il contrasto tra i cittadini americani che in poche ore hanno saputo chi fosse il loro Presidente, senza dover fare i conti con quorum, premi di maggioranza, governi tecnici, liste bloccate, come accade da noi.
Durante la kermesse elettorale notturna in pochi hanno evidenziato il fatto che in alcuni Stati americani gli elettori erano chiamati a rispondere anche a quesiti referendari che hanno dato il via libera alla legalizzazione della marjuana per uso generale (Washington, Massachusetts, Colorado) e in altri si è dato l'ok ai matrimoni gay (Washington, Maryland, Maine), mentre in Florida i cittadini hanno respinto il referendum con cui si chiedeva di tagliare i fondi federali per l'aborto. Come non notare la differenza tra i referendum propositivi americani e quelli italiani che sono soltanto abrogativi. E come non notare che per ottenerne uno qui in Italia bisogna fare una fatica incredibile, dal momento che sono necessari adempimenti di legge come numero di firme raccolte, giudizio di cassazione, giudizio costituzionale, quorum dei votanti. Una corsa ad ostacoli che, una volta superata con sforzi sovrumani, rischia di risolversi con un nulla di fatto. Basti pensare al successo del referendum che abrogava il finanziamento pubblico dei partiti vanificato da un escamotage, frutto delle menti sottilissime dei nostri politici, che si sono inventati il “rimborso” ai partiti. Un altro modo per reintrodurre il finanziamento pubblico, cambiando, come per magìa il nome, tutto all'insegna della creatività, tratto distintivo di noi italiani.
Toni entusiastici per Obama da parte della stampa nostrana che, con l'eccezione di Libero e Il Giornale, per tutta la campagna elettorale aveva fatto un tacito endorsement per il Presidente uscente, pur in maniera più sobria rispetto al 2008. All'indomani della rielezione di Barack Obama i maggiori editorialisti hanno evidenziato le differenze tra le due vittorie e le ripercussioni non proprio incoraggianti sui mercati internazionali con le Borse in calo generalizzato. I titoli in prima pagina sono eloquenti: "Obama vince. E ora i vecchi problemi" sul Corriere della Sera, "La nuova America di Obama" su La Stampa di Torino, "Obama fa festa, gelo delle Borse" su Il Messaggero di Roma. Alcuni opinionisti, tra cui Luigi Zingales del Sole 24 Ore, hanno messo l'accento sulla mancanza di appeal da parte di Mitt Romney, privo della qualità di trascinatore tipica di Obama, e anzi passato alla storia per una serie di gaffes che hanno indispettito gran parte dell'elettorato del ceto medio e delle donne.
Altri hanno messo in evidenza la sua incapacità di trarre vantaggio dai vari punti deboli dell'avversario, come l'aver aumentato il debito del 50% in quattro anni, il non aver fatto scendere la disoccupazione al di sotto del 7,8%, il non aver presentato un piano serio per ridurre l'esplosione futura delle spese sanitarie per gli anziani, tanto per fare solo qualche esempio.
Mario Calabresi [14], su La Stampa, ha visto nella vittoria di Obama il frutto di un'abile strategia elettorale in cui si è saldata una minoranza bianca progressista, intellettuale, interessata soprattutto ai diritti civili (dai matrimoni gay, all’aborto, alle tematiche di genere) con il blocco delle minoranze dell’America multietnica. Per Calabresi queste elezioni mostrano il partito repubblicano in una grave crisi che richiederà una profonda riflessione e gli imporrà di ripensarsi profondamente, mentre consegnano al Presidente in carica un Paese profondamente diviso e polarizzato, un'America da ricucire.
Tra i vari quotidiani italiani Pubblico è il più entusiasta: il suo direttore,
Luca Telese [15], intitola il suo editoriale sulle elezioni americane “Adottateci”. Un'esortazione che è anche il desiderio di vedere una politica italiana diversa, con quell'idea dell'inclusione che, nonostante tutto, ha fatto la differenza per Barack Obama.