“…siamo ancora in maggioranza. Abbiamo verificato in queste ore con numeri certi che la maggioranza c'è” dichiarava Berlusconi il sei Novembre. Un bluff? Una convinzione? Non ha importanza perché, solo due giorni dopo, la dichiarazione veniva inconfutabilmente smentita dai fatti: la Camera, con soli 308 voti a favore, negava il suo appoggio al Presidente del Consiglio: era l’inizio della sua fine.
Durante i due giorni successivi le notizie relative alle eventuali dimissioni di Berlusconi si susseguivano copiose: non appena se ne dichiarava l’imminenza, arrivava, rapidissima, la smentita, e l’Italia fremeva nell’attesa dell’inconcludenza. Qualcuno era convinto che il premier non avesse alternative, e qualcun’altro, sconsolato, sospirava “non cederà mai!”; sino alla chiarificatrice dichiarazione di Napolitano: “non esiste alcuna incertezza sulla scelta del Presidente del Consiglio di rassegnare le dimissioni”, aveva detto.
Per Sabato 12 Novembre era stata fissata la data fatidica. La tensione in Italia cresceva, sia presso le sedi politiche sia per le strade della capitale. Le community on line pullulavano di eventi che organizzavano un sabato all’insegna dei festeggiamenti: su Facebook si diffondevano eventi dal titolo “Festa Nazionale DIMISSIONI BERLUSCONI”, “bye bye Baby - "ADDIO BERLUSCONI" DAY (appuntamento dopo le dimissioni!)”, “Stappa uno spumante dopo le dimissioni di Berlusconi!” e moltissimi altri.
Già dalle prime ore del pomeriggio del tanto atteso 12 Novembre, Piazza Colonna è occupata da un gruppo di cittadini e curiosi che, nell’attesa che il decreto di stabilità finanziaria venga approvato, levano cori ironici rivolti al Presidente del Consiglio.
La vera folla si raduna però, intorno alle 18:00, nella piazza del Quirinale [2]. Un gran numero di persone di tutte le età aspetta impaziente l’arrivo di Berlusconi, e, minuto dopo minuto, aumenta visibilmente di mole, c’è persino chi si arrampica lungo i lampioni e sulle finestre dei palazzi che danno sulla piazza per poter guardare meglio la scena che già pregusta. Nell’attesa si intonano canti partigiani e patriottici e un’orchestrina esegue l’Alleluia di Hendel. Il piazzale è stracolmo, solo l’ingresso principale è completamente sgombro, protetto da una barriera di carabinieri.
Finalmente, intorno alle 21:00 Berlusconi arriva al Colle. La sua automobile, scortata dai carabinieri, raggiunge a fatica il portone d’entrata. E’ un arrivo tutt’altro che tranquillo: Berlusconi è accolto da fischi e cori, i cittadini urlano “mafioso!”, “buffone!”, qualcuno lancia delle monetine, un gesto che immediatamente rimanda la memoria indietro di 17 anni, quando a Craxi, nell’uscire dall’Hotel Raphael [3], fu riservato lo stesso, simbolico, insulto. Berlusconi è entrato al Quirinale e la piazza freme: i minuti sembrano interminabili e l’atmosfera è calda. Si sventolano i tricolori, si canta “Bella ciao” e l’Inno di Mameli con voce ferma e forte, i cori irrisori nei confronti di Berlusconi non si arrestano. Ora la folla grida anche “Fuori… fuori!”, “Dimettiti!”, “Firma!”.
In moltissimi sono a tenere in mano bottiglie di spumante, e, con gli smartphone si controllano continuamente diversi siti on line nell’impazienza di sapere cosa stia succedendo all’interno del dell’edificio che ormai tutti tengono d’occhio: alla domanda “cosa c’è scritto?” si risponde sempre delusi e ansiosi “niente…stanno trattando”. Poi, improvvisamente, un boato. “Si è dimesso” urla la piazza. Le bottiglie vengono stappate, si brinda alla “liberazione”; vengono issati cartelloni su cui si legge “BABBO NATALE…GRAZIE (IN ANTICIPO)”, “E’ ARRIVATA LA TUA ULTIMA ORGIA”, “OGGI E’ IL 25 APRILE”; il pavimento si colora di coriandoli e nemmeno per un momento si smette di cantare: la piazza vive una gioia surreale, qualcuno indossa una maschera del volto deturpato di Berlusconi e assumendo la posa di un galeotto, con i polsi incrociati, si lascia fotografare. Neppure mancano trenini, lunghissimi e festosi, simili a quelli dei veglioni di capodanno, né caroselli di auto e scuter addobbati con striscioni e bandiere tricolore che scorrazzano, facendo suonare i clacson, per le vie del centro della città.
Ora si attende l’uscita dell’ormai ex premier, ma si attende vanamente. Berlusconi ha lasciato il Quirinale attraverso un’uscita secondaria dove ha incontrato un piccolo gruppo di sostenitori che gli manifesta solidarietà acclamando il suo nome.
Risalito in auto, Berlusconi si dirige a Palazzo Grazioli. Anche qui, però, ad accoglierlo al suo arrivo è una folla urlante: ancora “Buffone!”, “Mafioso!.
Le finestre della facciata principale del palazzo rimarranno buie e Berlusconi non si si farà vedere; quindi, gradualmente, la folla si disperderà.
All’indomani della rassegnazione delle sue dimissioni, Berlusconi decide, comunque, di lasciare all’Italia un videomessaggio girato a Palazzo Chigi e andato in onda a reti unificate: l’ex premier definisce l’aver rassegnato le proprie dimissioni un gesto responsabile e generoso, un gesto nato dal suo “senso dello Stato… per evitare all’Italia un nuovo attacco dalla speculazione finanziaria”. Poi, rivolgendosi a chi il giorno precedente aveva riempito le strade e le piazze di Roma afferma “E’ stato triste vedere che un gesto come le dimissioni sia stato accolto con fischi e con insulti….a quanti hanno esultato per quella che definiscono la mia uscita di scena voglio dire con grande chiarezza che da domani raddoppierò il mio impegno in Parlamento e nelle istituzioni per rinnovare l’Italia”.
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