Inizio a scribacchiare queste quattro fesserie e nel frattempo clicco su Youtube e vado a cercare il Pino d’annata, quello degli anni belli per intenderci, inizio anni ‘80.
Concerto alla tv svizzera, nel gruppo riconosco Tullio De Piscopo, Toni Esposito, forse il grande Joe Amoruso alle tastiere ? e al basso, Rino Zurzolo ? al sax c’é Larry Nocella ? in ogni caso, arrangiamenti splendidi, repertorio meraviglioso, quel mix unico ed inebriante di elettrico ed acustico, con perle come Putesse essere allero, Bella Mbriana, Sto vicinoa te, Napule è, Appocundria etc etc....Vado un po’ indietro nel tempo e trovo James Senese ed i Napoli Centrale.
Poi torno alla memoria al concerto che vidi nell’85 a Roma (i bei tempi del ginnasio.....), Festa dell’Unita’ all’EUR, c’era Nana Vasconcelos alle percussioni, era il tour di Musicante, forse l’album in cui Pino ha “osato” di più, tanta sperimentazione, tanto jazz nelle vene, sicuramente uno dei musicisti piu’ interessanti nel panorama musicale italiano, un po’ in declino in quegli anni...
Allora Pino iniziava ad accompagnarsi anche a grandi artisti stranieri, di area prevalentemente jazzistica, penso a Wayne Shorter, Steve Gadd, Gato Barbieri (sentire per credere il suo solo di sax in Chi Tene o Mare nel bellissimo album dal vivo Scio’), Alphonso Johnson, piu’ tardi Pat Metheny e Chick Corea.
Il salto verso la fama internazionale sembrava imminente, quasi obbligato........Invece quel salto non avvenne mai.
Dieci anni più tardi, concerto al Palasport di Roma, con Rita Marcotulli al piano, un sound compatto, ballabile, brani che viravano sempre più verso il pop, sempre meno spazio per l’improvvisazione e per quella forma unica di blues scoperta da Pino nei vicoli di Napoli.
Poi le collaborazioni di grido: con Giovanotti, con Eros Ramazzotti, con Giorgia, con Irene Grandi e tanti altri. Era il momento del grande successo di pubblico, con brani pop quasi adolescenziali come Io per Lei e Se mi Vuoi, mentre il vostro affezionato cronista iniziava a storcere il naso ed avvertiva con dolore la commercializzazione incipiente ed il calo d’ispirazione.
Finalmente, pochi giorni fa, il Pino nazionale approda a New York, per il concerto sold out allo storico Apollo Theater già recensito da Letizia su questi schermi. Vi starete sicuramente chiedendo: ed il concerto ? ti è piaciuto sì o no ? dipende (aridanghete !!!!).........
Onestamente non mi aspettavo di più di quel che ho visto e sentito. Molto buona la band, specie Matthew Garrison al basso elettrico, anche se avrei preferito ascoltare di piu’ Minu Cinelu.....Sound ancora una volta compatto, con forti accenti ritmici, lontane le raffinatezze d’antan di un Joe Amoruso al piano Fender, di un Larry Nocella al sax tenore. Pino un po’ giù di voce, ma molto impegnato alla chitarra elettrica, con la quale ha sviluppato interessanti dialoghi con Matthew Garrison (figlio, spero sappiate, del grande contrabbassista di Coltrane Jimmy), un musicista che sembra ispirarlo considerevolmente. Un po’ deludente il repertorio, a mio modesto avviso troppo orientato sulla produzione più recente. Da dimenticare, spiace dirlo, una versione “bombastica” della pucciniana Vincerò, vero trionfo del kitsch in musica (un po’ sulla falsariga delle terrificanti produzioni hollywoodiane di Zucchero, U2 e Pavarotti).
Insomma, non sono uscito dall’Apollo proprio soddisfatto, però Pino resta un grande e gli vorremo sempre bene anche se collabora con Lorenzo Cherubini.........:-)))))))))
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