Carlo Maria Martini, il Cardinale per i non credenti
Lo scorso 31 agosto è morto all'età di 85 anni il cardinale Carlo Maria Martini, ex arcivescovo di Milano. Da tempo era malato di Parkinson, ma negli ultimi giorni di agosto le sue condizioni di salute si sono aggravate fino a giungere alla morte.
Nel 2002 il cardinale Martini, dopo ventidue anni alla guida della diocesi di Milano, aveva deciso di dimettersi e di ritirarsi a Gerusalemme per riprendere i suoi prediletti studi biblici, per tornare in Italia nel 2008, quando ormai le sue condizioni si erano notevolmente aggravate a causa del Parkinson.
Nato a Torino nel 1927 in una famiglia borghese, Carlo Maria Martini è stato una figura di
spicco nella Chiesa cattolica degli ultimi decenni, grande biblista e uomo dalla cultura profonda, autore di molti libri eppure non intellettuale chiuso nella sua torre d'avorio, anzi, abile nel parlare alle folle e ad attirare giovani e non credenti. Voluto da Papa Wojtyla come arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini si adoperò a creare nella sua diocesi un'armonia tra le varie religioni, sostenendo la causa dell'ecumenismo e la necessità di dialogo con l'ebraismo e il mondo protestante.
Era considerato da tutti come un uomo di fede aperto al cambiamento e al confronto, senza alcuna remora nel porsi talvolta in contrasto con le posizioni ufficiali della gerarchia vaticana. Un uomo di Chiesa ma soprattutto un grande intellettuale che si poneva continuamente domande, che non esprimeva condanne ma che cercava di capire, di andare a fondo in quelle che sono le grandi tematiche che lacerano il mondo cattolico.
E proprio a Milano istituì la cattedra per i non credenti, un modo per dialogare con la cultura contemporanea, per gettare un ponte verso quei mondi che egli stesso definiva “solo apparentemente lontani”, mostrando negli anni del suo servizio la sua natura dialogante, coraggiosa ed aperta nei confronti del mondo laico. Erano gli anni di passaggio tra la “Milano da bere” alla Milano di Tangentopoli, ma erano anche gli anni del terrorismo con episodi che a rivederli oggi ricordano per certi versi le pagine scritte dal Manzoni. Come non ricordare la decisione dei militanti di Prima Linea che si congedarono dalla lotta armata consegnando il loro arsenale di armi nelle mani dell'allora arcivescovo Martini, e ancora la decisione del porporato di accettare la richiesta di impartire il battesimo ai due gemelli concepiti in un'aula di tribunale da due di quei militanti, che glielo l'avevano chiesto. Anni difficili per la città ma anche per il Paese, in cui il cardinale non temeva di far sentire la sua voce ferma sui grandi temi della legalità, della giustizia, della politica come bene comune. Una voce che si faceva sentire anche contro il leghismo becero e secessionista, opponendo i valori dell'accoglienza, del rispetto e della solidarietà. Tanti episodi costellano la sua vita di uomo e di sacerdote, una vita all'insegna della Parola, del dialogo. Eppure, proprio a Milano il cardinale Martini istituì un giorno alla settimana in Duomo dedicato al silenzio, per dare modo, soprattutto ai giovani immersi nel caos del chiacchiericcio della vita di ogni giorno, di scoprire il valore della meditazione e della scoperta di sé e di Dio.
Nonostante la malattia, il cardinale Martini non ha fatto mai mancare i suoi interventi sui media toccando temi attualissimi e spesso scomodi per un uomo di Chiesa ad alto livello come lui. E a compendio di tutto ciò, lo scorso marzo è uscito “Credere e conoscere”, libro frutto di una conversazione avvenuta a più riprese con il senatore del Partito Democratico Ignazio Marino, per l'occasione nella doppia veste di politico e di chirurgo di fama.
Ancora una volta il cardinale Martini non esita ad esprimere con coraggio e vivacità intellettuale le sue idee, spesso discordanti da quelle ufficiali del Vaticano, su alcuni dei temi più spinosi oggi per la Chiesa: inizio della vita umana, fecondazione artificiale e donazione degli embrioni, sessualità e omosessualità, celibato per i sacerdoti, fine vita ed eutanasia. La Parola del cardinale Martini si fa sentire chiara e ferma anche poche ore dopo la sua morte, con la sua ultima intervista al Corriere della Sera lo scorso 8 agosto, intervista rimbalzata sui media di tutto il mondo per il suo valore di testamento morale, in cui ancora una volta il cardinale mostra la sua appartenenza ad “un'altra Chiesa”, diversa per posizioni a quella tradizionale. “La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio?”: con queste parole Carlo Maria Martini fa un ritratto della Chiesa cattolica “stanca”, soprattutto in America e in Europa. Egli vede la cultura stessa della Chiesa, invecchiata, con un apparato burocratico fatto di riti immutabili ed abiti pomposi. Questa stanchezza, tuttavia, per il cardinale Martini potrebbe essere vinta attraverso la “conversione” della Chiesa stessa che dovrebbe riconoscere i propri errori e poi intraprendere un “cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi. [...] Gli scandali della pedofilia ci spingono a intraprendere un cammino di conversione – spiega -. Le domande sulla sessualità e su tutti i temi che coinvolgono il corpo ne sono un esempio”. Nella stessa intervista il porporato auspica un avvicinamento della Chiesa alle famiglie allargate.
Tuttavia, oltre che attraverso la sua ultima intervista, Carlo Maria Martini ha mostrato ancora una volta, di essere coerente con i suoi principi, chiedendo, d'accordo col suo neurologo, quando ha avuto certezza che l’avanzata del Parkinson stava rendendo inutile ogni tipo di intervento medico, che fosse evitato l'accanimento terapeutico. Così facendo, ha scelto di idratarsi ma non di sottoporsi all’alimentazione forzata attraverso il sondino naso-gastrico. Una scelta che spinge alla riflessione e al rispetto. Una scelta, comunque, degna di rispetto.
In tanti lo ricordano come un “mancato Papa”, dal momento che, al Conclave del 2005 che avrebbe eletto Benedetto XVI, era stato inizialmente uno dei papabili, sostenuto dall'ala più progressista del collegio cardinalizio. Il Parkinson, oltre alle sue posizioni troppo “innovative” rispetto a quelle della Chiesa aprirono la via all'elezione di Benedetto XVI.
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